L'Abc della liturgia/58
Il corpo nella liturgia: i gesti
s) Lavarsi le mani: il cosiddetto lavabo dopo l’offertorio è uno dei gesti molto semplici, ma anche molto trascurati, compiuti spesso in modo maldestro, con poca autenticità ed espressività, o addirittura omessi, anche se il nuovo Messale Romano lo prescrive come obbligatorio (cf. OGMR 76). Il gesto è apparso nel lontano IV sec. Non è un gesto che è stato introdotto per la “necessità” di lavarsi le mani, ma per “esprimere il desiderio di purificazione interiore” (OGMR 76) di cui il sacerdote ha bisogno per iniziare la seconda parte della celebrazione, quella più strettamente eucaristica. Il gesto viene accompagnato dalle parole dette sottovoce: “Lavami, Signore, da ogni colpa; purificami da ogni peccato”.
Perché questo gesto abbia un minimo d’efficacia espressiva è richiesta una condizione: deve essere ben fatto! Il Messale Romano non dice più di bagnarsi le dita (di solito il pollice e l’indice), ma di lavarsi le mani, con un rito che sia vero e non troppo stilizzato (cf. OGMR 76). Se il gesto deve essere simbolico, il simbolismo dell’abluzione è dato da una vera abluzione e non dal tentativo di avvicinare le dita all’acqua. Non si può compiere bene un lavabo significativo con gli “strumenti” di prima: un ampollina d’acqua – usata anche per aggiungere acqua al vino del calice e per la purificazione dopo la Comunione – non può favorire un gesto appropriato di purificazione delle mani. Sarebbe più decoroso e significativo servirsi di una brocca, un catino e un asciugamano, tutto di sufficienti proporzioni per rendere vera e visibile l’azione. Bagnare le punta delle dita in un recipiente e asciugarle con un pannolino insignificante – e non sempre pulito – non è segno autentico di purificazione. I riti devono “significare” gli atteggiamenti interiori a cui ci vogliono educare. L’OGMR insegna: “il sacerdote, stando a lato dell’altare, si lava le mani con l’acqua versatagli dal ministro, dicendo sottovoce: «Lavami, Signore da ogni colpa, purificami da ogni peccato»” (n. 145). E’ un gesto che deve essere compiuto in modo visibile al popolo e non nascosto dietro l’altare. A parte questo gesto simbolico, ci sono altri gesti di lavarsi le mani da parte del vescovo o del sacerdote che hanno però il carattere funzionale: dopo l’imposizione delle mani o le unzioni sacramentali o la lavanda dei piedi; è puramente funzionale l’aspergersi le dita dopo la Comunione (un gesto facoltativo, cf. OGMR 278)
(Pubblicato su Lazio Sette: 15 giugno 2008, p. 13)