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ABC della Liturgia

L'Abc della Liturgia/63

Il corpo nella liturgia: gli atteggiamenti

Stare inchinati – inchinarsi

L’inchino o l’atto di inchinarsi esprime benevolenza, ascolto, riverenza e onore, disponibilità ed attenzione. In questo senso il primo che s’inchina non è l’uomo, ma Dio: egli si china per vedere, ascoltare, aiutare, in atteggiamento d’amore, misericordia, perdono e servizio. Anche l’uomo è chiamato ad inchinarsi per esprimere ascolto attento e disponibile, riverenza, amore fiducioso, umiltà, per manifestare il proprio pentimento.

Il nuovo OGMR dice che con questo gesto s’indicano la riverenza e l’onore che si danno alle persone o ai loro segni. Vi si distinguono due specie d’inchino, del capo e del corpo:
* l’inchino del capo si fa per riverenza, davanti alla croce e davanti all’immagine sacra; davanti a chi presiede la celebrazione; nominando insieme le tre divine Persone (per esempio, al “Gloria al Padre…”); al nome di Gesù, della beata Vergine Maria e del Santo in onore del quale si celebra la Messa;
* l’inchino di tutto il corpo, o inchino profondo (fino a metà del corpo) viene fatto dal sacerdote davanti all’altare all’inizio e alla fine della celebrazione (a meno che genufletta davanti al tabernacolo); mentre si dicono “le preghiere «Purifica il mio cuore» e «Umili e penitenti» prima di lavarsi le mani; nel Simbolo (Credo) alle parole «E per opera dello Spirito Santo»; nel Canone Romano, alle parole: «Ti supplichiamo, Dio onnipotente». Il diacono compie lo stesso inchino mentre chiede la benedizione prima di proclamare il vangelo” (OGMR 275); ancora, il sacerdote, alla consacrazione, s’inchina leggermente mentre proferisce le parole del Signore. Infine, anche i concelebranti, dopo l’elevazione del pane e del vino, mentre il presidente genuflette, si inchinano con tutto il corpo.

Si sottolinea anche che i fedeli “che non si inginocchiano alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote genuflette dopo la consacrazione” (ORGM 43).

Anche prima di ricevere il Corpo del Signore, tale gesto dovrebbe imporsi, purché non disturbi gli altri e non ostacoli la processione.
Infine, è il comportamento che l’assemblea assume quando il presidente celebrante implora su di essa la benedizione di Dio: in questo modo essa riconosce da una parte la propria indigenza e si dispone ad accogliere il dono della “benedizione”.

(Pubblicato su "Lazio Sette", 2 novembre 2008, p. 7)

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