L'ABC della Liturgia/6
Una celebrazione viva
"Giustamente la liturgia è ritenuta come l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, per mezzo dei segni sensibili, viene significata e, in modo a essi proprio, realizzata la santificazione dell'uomo e viene eserciato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale" (SC 7).
Chiaramente i segni sensibili richiamati dall'appena citata definizione sono i riti. La salvezza divina nella storia è la santificazione che deriva dall'esercizio del sacerdozio di Cristo. Infine, il culto pubblico integrale del corpo mistico di Cristo non è altro che la dimensione comunitaria dell'assemblea convocata per celebrare i riti.
Bisogna sottolineare con forza che la liturgia non è un concetto, ma una realtà viva: Dio ci salva! Il nostro Dio è un Dio che salva, che agisce nella nostra storia, che è in noi, con noi e vicino a ciascuno di noi, così che la storia della salvezza portata a compimento in Cristo e continuata dalla Chiesa si realizza nella liturgia.
Qualcuno potrebbe chiedere: perché la celebrazione liturgica può salvare? E la risposta è: perché le nostre liturgie letteralmente ci innestano nella realtà divina che celebrano, cioè la SS.ma Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, punto di partenza e perno della preghiera liturgica della Chiesa. In altre parole: tutte le nostre liturgie sono trinitarie. Il Padre è la meta della preghiera liturgica, il Figlio Redentore è la realizzazione dell'unione perfetta tra Dio e l'uomo, lo Spirito Santificatore rende la celebrazione liturgica portatrice di salvezza.
(Pubblicato su Lazio Sette: 10 dicembre 2006, p. 5)