ABC della Liturgia/22-23
Luogo di culto (Prima parte)
"Lo spazio ecclesiale per la liturgia… è in forma eminente un’architettura della «memoria», poiché propone e rilancia nel tempo, anche a distanza di secoli, messaggi legati al mondo rituale e alla cultura che lo hanno espresso. Le chiese, infatti, sono realtà storiche; esse sono state costruite non tanto come monumento a Dio o all’uomo, ma come luogo dell’incontro sacramentale, segno del rapporto di Dio con una comunità, all’interno di una determinata cultura e in ben preciso momento storico. Esse… sono strumenti particolari di tradizione e di comunione ecclesiale" (CEI, L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, n° 12.
La domanda che nasce: ma dove si riunivano i primi cristiani per il culto? Il libro degli Atti degli Apostoli ci dice che frequentavano il tempio di Gerusalemme, con a capo gli stessi apostoli (At 2, 46; 3, 1; 5, 12.42; 21, 26-30; 22, 17). Non si trattava però del culto cristiano in quanto tale. Per la celebrazione specificamente cristiana si riunivano regolarmente nelle case private, non nella propria, ma in case capaci di accogliere un buon numero di discepoli, com’era quella dove il giorno di Pentecoste "i fratelli radunati erano circa centoventi" (At 1, 15). I cristiani organizzavano queste riunioni per "ascoltare l’insegnamento degli apostoli, vivere nella comunione fraterna, spezzare il pane e pregare" (At 2, 42). Per fare questo bastava una sala appropriata (spesso si trattava della grande sala da pranzo, poiché l’oggetto principale della riunione era un pasto). E’ così a Gerusalemme per la "casa di Maria… dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera" (At 12, 12). A Troade, i cristiani si riunivano il primo giorno della settimana in una stanza al piano superiore per spezzare il pane (cf. At 20, 7-8). A Roma, san Paolo saluta Prisca e Aquila e "la comunità che si riunisce nella loro casa" (Rm 16, 3-5). A Laodicea, la comunità si raduna nella casa di Ninfa (cf. Col 4, 15); a Colossi, in quella di Filemone (cf. Fm 2). La stessa cosa avveniva a Roma, dove le chiese più antiche hanno conservato il "titolo" o il nome del loro donatore: Clemente, Cecilia, Pudenziana, prima d’essere chiamate S. Clemente, S. cecilia, S. Pudenziana. Si trattava delle abitazioni trasformate in "case-chiesa".
(Pubblicato su Lazio Sette, 29 aprile 2007, p. 15)
Luogo di culto (Seconda parte)
Il termine "chiesa" designa la comunità dei fedeli. Questa comunità però ha bisogno di un luogo, di un posto adeguato per radunarsi, per fare assemblea, cioè per essere se stessa. Infatti "chiesa" vuol dire "assemblea". Si esprime così un concetto del luogo di culto cristiano diverso da quello dei tempi pagani e anche dal tempio giudaico. Esso non è un perimetro sacro dove si racchiude la divinità, ma è la casa del popolo di Dio, il logo dove l’assemblea liturgica si riunisce per celebrare la salvezza.
I templi delle religioni pagane non potevano offrire un modello per il luogo di culto dei cristiani. Per i greci e i romani, il tempio era anzitutto la dimora della divinità raffigurata in una statua. Bastava anche una piccola stanza. Non c’era nessuna necessità di radunarsi: la divinità si aspettava il sacrificio riservato ai suoi sacerdoti e l’offerta individuale dei suoi fedeli, e nient’altro.
Il tempio di Gerusalemme, invece, era il santuario unico del Dio dell’alleanza, il luogo della sua presenza invisibile tra i Cherubini che sormontavano l’arca dell’Alleanza. Era destinato a scomparire, perché nelle Nuova Alleanza il tempio di Dio è lo stesso Cristo (cf. Gv 2, 19-21). E’ in lui che i veri cristiani adorano il Padre in spirito e verità (cf. Gv. 4, 23). Incorporati in Cristo con il battesimo, anche i cristiani sono pietre vive che formano, nello Spirito Santo, il tempio del Dio vivente (cf. 1Cor 3, 16-17; 6, 19-20; 2Cor 6, 16; Ef 2, 19-22; 1Pt 2, 5). Il luogo del culto è allora il corpo di Cristo, e più esattamente il corpo di Cristo nella sua epifania primaria: l’assemblea convocata e radunata nel suo nome per ascoltare la sua Parola, per pregare e ringraziare, per suggellare nell’Eucaristia la sua comunione al corpo di Cristo, per manifestare la sua unità nella varietà e nella carità. D’ora in poi il tempio è lì e basta questo per essere luogo di culto.
Sottolineiamo però che quest’assemblea cristiana ordinariamente ha bisogno comunque di un locale per radunarsi. E fin dall’inizio essa ha cercato di sistemarsi in un luogo e, non appena l’ha potuto, ha costruito degli edifici per il suo culto. E così nelle epoche successive, grazie alla pace restituita alla Chiesa da Costantino nel 313, possiamo osservare la fioritura dei luoghi di culto cristiano: basiliche, chiese piccole o chiese cattedrali, di forma quadrata, rotonda o rettangolare, sotterranee o su alture. Sono innumerevoli le forme che i cristiani, lungo i secoli, hanno continuato ad inventare per loro luoghi di culto.
(Pubblicato su Lazio Sette, 13 maggio 2007, p. 11)