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ABC della Liturgia

ABC della Liturgia/34-37

Gli spazi liturgici: Altri elementi e il loro significato presenti in una chiesa (Parte I)

 


a) Porta

La porta (latino "porta" affine a "portus" nel significato d’accesso, ingresso) è l’apertura nella parete per entrare in un edificio.

Ogni chiesa ha la porta principale. Per il fedele il significato della porta è molto grande: è il luogo del "transito", segno del "passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia" (Incarnationis mysterium, n° 8), dall’esterno all’interno, da mondo esteriore a quello interiore, dal profano al sacro: si supera la soglia per cercare Dio e comunicare con lui.

Nel Vangelo Gesù afferma: "In verità in verità vi dico: io sono la porta delle pecore: se uno entra attraverso di me, sarà salvo" (Gv 10, 7-9) per indicare che nessun cristiano può avere accesso al padre se non per mezzo di lui.


b) Acquasantiera

L’acquasantiera è una piccola vasca poggiata su una colonna o sporgente dal muro destinata a contenere l’acqua benedetta.

L’uso di tale acqua per le purificazioni simboliche all’interno della chiesa appare già nel V sec. Si ha memoria d’acquasantiere mobili nelle catacombe del sec. III.

L’acqua benedetta con cui il fedele compie il segno della croce, rammenta la purificazione avvenuta con l’acqua battesimale che lo ha unito a Dio ed alla sua famiglia, la Chiesa.


(Pubblicato su Lazio Sette: 28 ottobre 2007, 13)


Gli spazi liturgici: Altri elementi e il loro significato presenti in una chiesa (Parte II)

c) Immagini sacre
"Negli edifici sacri si espongano alla venerazione dei fedeli le immagini del Signore, della beata Vergine Maria e dei Santi" (OGMR 318). Infatti, le nostre chiese, nella loro quasi totalità, sono dotate di un vasto patrimonio iconografico (dipinti su tavola e su tela, affreschi, mosaici, sculture, vetrate, ecc.) e decorativo (cf. CEI, L’adeguamento della chiese secondo la riforma liturgica, n° 36).

Sappiamo però che nell’Antico Testamento si trova il divieto assoluto di qualsiasi rappresentazione di Dio assolutamente trascendente fatta dalla mano dell’uomo (cf. Es 20, 4; Dt 4, 15-16). Tuttavia, proprio fin dall’Antico Testamento, "Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che simbolicamente condussero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il serpente di rame (cf. Nm 21, 8-9; Sap 16, 5-14; Gv 3, 14-15), l’arca dell’alleanza e i cherubini (cf. Es 25, 10-22; 1Re 6, 23-28; 7, 23-26)" (CCC 2130).

A partire dall’Incarnazione del Figlio di Dio, il culto cristiano delle sacre immagini è giustificato, "poiché si fonda sul Mistero del Figlio di Dio fatto uomo, nel quale il Dio trascendente si rende visibile" (CCC.Compendio, n° 446). In altre parole, il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive gli idoli. In effetti, come dice S. Basilio di Cesarea "l’onore reso ad un’immagine appartiene a chi vi è rappresentato" (PG 32, 149C), e chi "venera l’immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto" (SC 126; LG 67).

La questione delle immagini sacre fu molto discussa lungo i secoli. Si è arrivato anche ad una vera "guerra" contro le immagini. Infine, il II Concilio di Nicea del 787, chiarì e giustificò il culto delle icone di Cristo, della Madre di Dio, degli angeli e di tutti i Santi. "L’onore tributato alle sacre immagini è una «venerazione rispettosa», non un’adorazione che conviene solo a Dio" (CCC 2132).

Scrive S. Tommaso d’Aquino: "Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che volge all’immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta" (Summa teologie, II-II, 81, 3, ad 3).

Comunque, nelle nostre chiese, bisogna prestare attenzione che il numero delle immagini sacre non sia troppo eccessivo e che la loro disposizione non distolga l’attenzione dei fedeli dalla celebrazione liturgica (cf. SC 125). "Di un medesimo Santo poi non si abbia abitualmente che una sola immagine" (OGMR 318).


(Pubblicato su Lazio Sette: 11 novembre 2007, 15)

Gli spazi liturgici: Altri elementi e il loro significato presenti in una chiesa (Parte III)

d) Reliquie e reliquiari

* Reliquie: corpo intero, o parte o frammento del corpo di un Santo o di un Beato, il cui culto è autorizzato dalla Chiesa. Reliquie impropriamente dette sono anche gli oggetti che furono in uso ai Santi o Beati, come le vesti, per es., oppure che servirono al loro martirio (strumenti di supplizio). Tra le reliquie più preziose bisogna contare il legno della Croce del Signore.

* Reliquiari: scatole, cofani, teche, ecc. destinati a conservare o ad esporre delle reliquie. Fin dai tempi antichi quando si cominciò a trasportare i corpi dei Santi fuori della propria primitiva sepoltura, questi furono chiusi in cofani (casse) spesso di grandi dimensioni. Le reliquie più piccole furono conservate in vasi più piccoli. Lungo i secoli, i reliquari prendevano svariate forme e per la loro realizzazione si usavano diverse materie (legno, avorio, argento, oro, vari metalli, vetri, ecc.). Oltre questi reliquiari, conservati nelle chiese o cappelle, esistevano reliquiari privati, che molto spesso prendevano forma di medaglione, croce, anello, ecc.

Fin dall’antichità le reliquie venivano depositate sotto gli altari, o direttamente o nei martyria o confessiones, che formavano il piano inferiore, a forma di piccola stanza, dell’altare, che poi diede origine alle cripte. Successivamente, con il Medioevo, le reliquie trovarono posto sugli altari, tanto più che la sontuosità e l’arte dei reliquiari diventavano un elemento decorativo degli altari stesi.

Dopo la riforma del Concilio Vaticano II, il posto normale delle reliquie è nel corpo stesso dell’altare. Oltre a queste reliquie sigillate nella pietra, se ne possono collocare altre nel vano sotto l’altare. Infatti il nuovo Rito per la dedicazione della chiesa e dell’altare (1977) prevede la possibilità di deporre le reliquie sotto l’altare (cf. Ap 6, 9). Così pure il Codice di Diritto Canonico del 1983: "Secondo le norme prescritte nei libri liturgici, si mantenga l’antica tradizione di riporre sotto l’altare fisso le reliquie dei Martiri o altri Santi" (can. 1237 § 2).

Le altre reliquie e i reliquiari "in dotazione alla chiesa o consegnate dai fedeli vengano conservate con la massima cura nelle sacrestie in appositi e sicuri armadi o nel deposito ben ordinato adiacente alla sacrestia" (CEI, L’adeguamento della chiese secondo la riforma liturgica, n° 43).

(Pubblicato su Lazio Sette: 18 novembre 2007, 11)

 


Gli spazi liturgici: Altri elementi e il loro significato presenti in una chiesa (Parte IV)

e) Arredi e suppellettili

Bisogna ricordare che non si tratta di un generico abbellimento estrinseco né d’oggetti di carattere puramente utilitaristico, ma di suppellettili pienamente funzionali che vanno attentamente progettati. Essi dovrebbero essere caratterizzati da dignità, semplicità, nobile bellezza, verità delle cose e debita pulizia (cf. CEI, L’adeguamento della chiese secondo la riforma liturgica, n° 24). "Nella scelta degli elementi per l’arredamento si curi la verità delle cose e si tenda all’educazione dei fedeli e alla dignità di tutto il luogo sacro" (OGMR 292). Bisogna però anche sottolineare che il gusto attuale alla semplicità non deve assolutamente far disperdere il patrimonio storico delle chiese, né confinarlo necessariamente nel deposito parrocchiale (cf. CEI, L’adeguamento della chiese secondo la riforma liturgica, n° 42).

 

(Pubblicato su Lazio Sette: 25 novembre 2007, 7)

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