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di don Pietro Jura

diaconato.jpgIl diaconato, è un ministero di servizio, è il segno sacramentale, la testimonianza visibile, la manifestazione della vocazione
diaconale a cui tutta la Chiesa è chiamata. In stretta dipendenza dal vescovo e in collaborazione con il presbitero diocesano[1], egli, durante
la celebrazione, ha molte possibilità di “servire”, in particolare nei confronti della Parola[2]. Infatti, non solo gli spetta la proclamazione del
Vangelo, ma anche la possibilità, se si ritiene opportuno, di tenere qualche volta l’omelia. Inoltre, con il permesso dell’autorità competente,
il dicono può battezzare, distribuire la Comunione, assistere e benedire a nome della Chiesa i sposi durante il sacramento del Matrimonio,
portare la Comunione ai malati e il Viatico ai moribondi, guidare le varie celebrazioni e gli incontri di preghiera, celebrare i sacramentali,
presiedere la celebrazione delle Esequie (cf. LG 29). Come catechista può non solo predicare la Parola di Dio, ma anche a nome del parroco
e del vescovo governare alcune comunità cristiane lontane, esercitare la carità attraverso le opere sociali e caritative (cf. AG 16).
I diaconi, nella prospettiva di una Chiesa tutta ministeriale, sono una speciale espressione della vocazione di tutti i battezzati al servizio[3].
Essi diventano, come è stato già detto, ministri di carità, testimoni e promotori “del senso comunitario e dello spirito famigliare del popolo
di Dio”[4].
Con il ripristino del diaconato permanente la Chiesa ha anzitutto la consapevolezza di accogliere un dono dello Spirito e di dare un’immagine
 più completa di sé, rispondente al disegno di Cristo ed anche più adeguata a una società che ha bisogno di fermentazione evangelica
e caritativa nei piccoli gruppi, nei quartieri e nei caseggiati[5]. Il nuovo CIC stabilisce che con l’ordinazione diaconale si diventa chierici (can. 266). La sua presenza –
equilibrata e dignitosa – si rivela quindi di grande utilità per una declericalizzazione della liturgia.

In caso dei futuri sacerdoti, il servizio diaconale, dovrebbe essere esercitato per un conveniente periodo di tempo (OT 12).

Un po’ di storia.

Diacono – (dal greco diaconos = servitore). Fin dai primi anni della Chiesa, a Gerusalemme, gli apostoli, per potersi dedicare interamente alla preghiera e al ministero della parola, designarono sette uomini di buona reputazione che si occupassero della distribuzione dei sussidi alle vedove e ai bambini oltre che dell’assistenza dei poveri (cf. At 6, 1-6). Venivano istituiti con l’imposizione delle mani (cf, At 6, 6). Tali uomini, detti diaconi, affiancarono poi, gli apostoli anche nell’evangelizzazione (insegnamento) e nell’amministrazione del Battesimo (cf. Fil 1, 1; At 6, 8-10; 8, 5-13). Inoltre, San Paolo delineò anche le “qualifiche” dei criteri circa ammissione al diaconato (cf. 1Tm 3, 8-13). Alla fine dell’età apostolica, i diaconi esistevano ormai in tutte le Chiese e, secondo la tradizione, erano in numero di sette per ogni comunità e i loro incarichi erano indirizzati soprattutto verso le opere di carità[6].  Questo numero settenario di diaconi fu considerato nella Chiesa antica come sacro[7]. Inizialmente questo ministero non era conferito in vista del sacerdozio, anche se tanti diaconi diventarono poi vescovi (ad es. Atanasio di Alessandria – †373). Il diacono che fu ordinato principalmente per il servizio del vescovo (cf. Costituzioni Apostoliche VIII, 17, 2) ed venne circondato di rispetto come “servo dei misteri di Cristo”, venne investito anche delle funzioni liturgiche, amministrative e caritative. Egli divenne “l’occhio e la bocca del vescovo, il suo angelo ed il suo profeta” (Costituzioni Apostoliche II, 28). Ignazio di Antiochia (†110 ca) nella Lettera alla Chiesa di Tralles (II, 3; III, 1), include il diacono nella gerarchia, dicendo però che egli è sottomesso ai vescovi e ai presbiteri nel servizio a Dio e agli uomini. Policarpo di Smirne (†156), nella Lettera ai Filippesi (V 2, 3), disse che i diaconi devono servire Dio e Cristo e non solo gli uomini. Presso le chiese cattedrali nacquero dei collegi dei diaconi per il servizio dei poveri e dei malati. A capo di questi fu l’arcidiacono. Nella Chiesa primitiva il diacono poteva essere anche un uomo sposato (cf. 1Tm 3, 12), però a partire dal Sinodo di Elvira (300-303), solo chi sceglieva il celibato[8]. Questa norma fu riconfermata dagli altri Sinodi: Ancara (314), Arles (443), Orléans (538). A poco a poco, però, le tradizionali funzioni diaconali, nella Chiesa Occidentale, furono esercitate sempre più direttamente dai preti e il diaconato divenne, alla fine soltanto uno scalino al sacerdozio. Il Codex Iuris Canonici del 1917 diceva che il diacono può servire il vescovo o sacerdote durante la S. Messa, cantare o leggere il Vangelo, distribuire la Comunione, esporre il Ss. Sacramento, tenere (con il permesso del vescovo) l’omelia e celebrare le Esequie e il Battesimo (cann. 741, 845, 1274, 1328, 1342). Il papa Pio XII (†1958), nella Costituzione Apostolica «Sacramentum ordinis» (AAS 40[1948], 5-7), dichiarò che il diaconato, il presbiterato e l’episcopato fanno parte dei tre gradi del sacramento dell’ordine. Infine, il papa Paolo VI (†1978) con il Motu proprio «Sacrum Diaconatus ordinem» del 18 giugno 1967 (AAS 59[1967], 697-704), stabilì le norme per la restaurazione del diaconato nella Chiesa latina, prevedendo la possibilità di conferirlo anche ai laici già viventi nel sacramento del matrimonio[9]. 


[1] Cf. Paolo VI, Motu proprio «Sacrum Diaconatus ordinem»…, op. cit. n. 23.

[2] Cf. Pontificale Romanum, Caerimoniale episcoporum…, op. cit., nn. 23-29.

[3] Cf. Paolo VI, Lettera apostolica «Ad pascendum» (15 agosto 1972), in AAS 64(1972), 534.

[4] CEI, Documento «La restaurazione del diaconato permanente in Italia» (8 dicembre 1971), in Enchiridion CEI, v. I, 1150, n. 8; si veda anche: CEI, Documento normativo «La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana – Orientamenti e norme» (15 maggio 1980), in Enchiridion CEI, v. III, 126-127, n. 14.

[5] Cf. CEI, Documento pastorale «Evangelizzazione e Ministeri» (15 agosto 1977), in Enchiridion CEI, v. III, 1017, n. 60.

[6] Cf. Clemente I Romano, Prima Lettera ai Corinti, in J.M. Szymusiak – S. Głowa (ed.), Breviarium Fidei. Kodeks doktrynalnych wypowiedzi Kościoła, Poznań 1969, VII, n. 530, 42.

[7] Cf. M. Righetti, Manuale di storia liturgica, Ed. Áncora, Milano 1959, v, IV, 397.

[8] Cf. Sinodo di Elvira, in J.M. Szymusiak – S. Głowa (ed.), Breviarium Fidei..., op. cit., n. 533.

[9] Cf. CEI, Ordinazione del vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1992, nn. 191-275). Per approfondimento, rimando a: M. Bennardo – L. Bortolin – B. Cutellè, Il Diacono. Chi è. Cosa fa. Come diventarlo, Ed. Effatà, Cantalupa 2007.