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Buona giornata.

mnistranti1.jpgIl ministero liturgico dei ministranti 
1. Origini storiche del servizio dei ministranti.

Il servizio dei ministranti - consistente il più delle volte nel porgere qualche oggetto al sacerdote durante la celebrazione dell’Eucaristia - è nato verso l’800 nella sfera della cosiddetta Messa privata. In quel periodo in­valse l’uso di allestire altari laterali nelle chiese abba­ziali e, dato l’elevato numero di monaci sacerdoti, di celebrare l’Eucaristia anche su di questi, accanto alla Messa della comunità celebrata all’altar maggiore. Molti prendevano naturalmente parte alla «Messa della co­munità», e tutti i relativi servizi – dell’accolito, del let­tore, del cantore, dell’organista, della «schola cantorum» ecc. ­erano affidati ad altrettanti ministri, mentre il sacerdote celebrante la Messa all’altare laterale doveva contentarsi di un solo inserviente.

Nelle epoche successive la forma della «Messa pri­vata» avrebbe preso il posto, per svariati motivi, di quel­la comunitaria; la differenziazione una volta usuale tra i vari ministeri si ridusse sempre più al ministero dell’unico aiutante o di pochi inservienti all’altare. Anche il fatto che i servizi dei ministranti furono preferibil­mente assolti da ragazzi fu determinato da motivi storici. Già in tempi antichissimi si sceglievano dei giovani per l’ufficio del lettore; la loro voce sonora garanti­va un buon ascolto nelle grandi chiese. Con la riforma liturgica degli ultimi anni è di nuovo cresciuta la com­prensione della forma originaria della «Messa comu­nitaria». I servizi prima svolti da uno o due chierichet­ti vengono di nuovo volentieri affidati a più elementi. Si tratta di regola di un lettore (due lettori), un cantore e uno o più ministranti. Il ritorno alla forma originaria non significa però - come alcuni inizialmente pensa­rono - dire addio ai ministranti. Il numero e la quali­tà dei compiti, in parte addirittura nuovi, continuano ad aver bisogno di essi; anzi, il ministrante è addirittu­ra più importante di prima sotto il profilo pastorale!

2. I ministranti compiono un servizio liturgico.

La liturgia è un’azione comune del sommo sacerdo­te Cristo e della sua Chiesa per la santificazione degli uomini e la gloria di Dio. In tale azione comune non vi sono spettatori passivi e alcuni che svolgono un ser­vizio liturgico. E’ giusto dire che tutti i fedeli coopera­no sacerdotalmente al culto e svolgono perciò un servi­zio liturgico. «La celebrazione dell’Eucaristia è infatti azione di tutta la Chiesa; in essa ciascuno compie sol­tanto, ma integralmente, quello che gli compete» (Mes­sale, proemio all’intr. generale, n. 5).

La posizione particolare del sacerdote si fonda sulla sua ordinazione, quella dei fedeli sul battesimo e sulla confermazione; di conseguenza il sacerdozio ministe­riale e quello universale sono tra loro essenzialmente di­stinti, però perseguono un unico e medesimo fine! Sot­to questo punto di vista anche i ministranti (e natural­mente tutti gli altri) svolgono un servizio veramente liturgico (cf. SC 29). Essi coll­aborano, perché il diritto e la missione di collaborare risultano dal battesimo e dalla confermazione, e non perché, ad esempio, il sacerdote delegherebbe alcuni dei suoi compiti.

L’autonomia del servizio dei ministranti risulta chiara anche da una sufficiente differenziazione delle presta­zioni. Alcuni compiti stanno in stretto rapporto con quelli dell’assemblea (ad es. porgere il pane e il vino, partecipazione al canto e alla preghiera), altri sono spe­cifici e autonomi (ad es. portare la croce e le candele in processione), altri hanno lo scopo di servire il sacerdote (ad es. lavabo dopo l’offertorio e sostenere il Mes­sale aperto) e i fedeli (ad es. incensazione dopo l’Offertorio e comunicazione del bacio della pace).

3. Il servizio fondamentale dei ministranti.

Fondamento delle più diverse attività dei ministranti è in primo luogo, specialmente per quel che riguarda la Messa, la partecipazione all’offerta del sacrificio di Cristo. «Nella celebrazione della Messa i fedeli forma­no la gente santa, il popolo che Dio si è acquistato e il sacerdozio regale, per rendere grazie a Dio, offrire la vittima immacolata non soltanto per le mani del sa­cerdote ma anche insieme con lui, e imparare a offrire se stessi» (Introd. al Messale, n. 62). Da questa partecipazione derivano ministeri come i seguenti: parte­cipazione alla preghiera e al canto comunitario dei fe­deli, ascolto attento della parola di Dio, partecipazio­ne alla mensa del Signore, assumere determinati atteg­giamenti, eseguire determinati gesti (cf. Ivi, n. 62). Così diventa più chiaro che i ministranti, per quanto svolga­no il loro servizio nel presbiterio, stanno anche dalla parte della comunità che sacrifica, prega e canta. Quanto poi essi svolgono di speciale nel presbiterio non è che il prolungamento del ministero sacerdotale, che tutti i fedeli esercitano nel culto.

ministranti2.jpg4. Articolazione necessaria.

Dalla vocazione sacerdotale di tutti i fedeli e dalla struttura di ogni celebrazione liturgica (proclamazione della parola di Dio, canto e preghiera, segni e azioni sante) derivano, come abbiamo accennato sopra, diversi servizi e compiti. Affidare questi ultimi a un solo individuo o a pochi individui non sarebbe cosa risponden­te alla natura del popolo di Dio e del culto. Giusta è invece una corretta suddivisione del ministero sacerdo­tale. Il servizio particolare attorno all’altare comporta perciò, come abbiamo già menzionato, un lettore, un cantore e almeno un ministrante.

Costoro sono i protagonisti ordinari di ogni celebra­zione della Messa. Nell’eseguire il proprio ufficio ognuno di essi si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, se­condo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza (cf. SC 28). Un ministrante non è perciò un lettore, e un lettore non è un ministrante. Tuttavia «in caso di necessità» uno può assumersi il servizio dell’altro. Qualora ci siano a di­sposizione più ministranti, bisogna suddividere i diver­si compiti del loro ufficio tra di essi (cf. Introd. al Mes­sale, n. 71). Quel che normalmente può svolgere un uni­co inserviente dell’altare va allora svolto da più mini­stranti. Inoltre, l’impiego di più ministranti contribui­rebbe a rendere più solenne il culto e a concretizzare il sacerdozio universale.

5. Ministranti come portatori della croce.

Fin dall’antichità è invalsa l’abitudine di portare nelle processioni una croce collocata sopra un’asta (cf. le varie processioni ecc.). Anche il papa e i vescovi, quando entravano nella casa di Dio, erano preceduti da un crocifero. Da quest’ultima usanza si svi­luppò addirittura la prescrizione della Chiesa che sull’altare o nelle sue vicinanze dovesse esserci una croce. Da allora non esiste più casa di Dio, nel cui presbiterio non sia visibile una croce: sull’altare, pendente dall’al­to o attaccata alla parete. Il nuovo Messale ha amplia­to la prassi originaria. In ogni celebrazione eucaristica - nei giorni feriali o nelle domeniche - il sacerdote può farsi precedere, quando entra in chiesa, dalla cro­ce, che poi viene collocata nel presbiterio accanto all’altare o in altro luogo adatto per tutta la durata della Messa (cf. Introd. al Messale, nn. 82 e 84). Potremmo dire che il crocifero fa parte di ogni celebrazione euca­ristica. Tale compito tocca a uno dei ministranti, ac­compagnato da due ceroferari. Una simile processione d’ingresso illustra l’evento della Messa: il Signore stes­so entra in mezzo alla sua comunità; con lui i fedeli pas­sano dalla morte alla vita. In alcuni casi, come nella pro­cessione dei funerali, il crocifero è addirittura indispen­sabile.

6. Ministranti come ceroferari.
Un’importanza simile a quella del crocifero hanno an­che i ministranti che nelle processioni solenni portano candelieri con candele accese. Questa antica usanza sta addirittura alla base della prassi di collocare i candelie­ri sull’altare o accanto ad esso. Una volta era compito dei ministranti porre i candelieri, alla fine della proces­sione di ingresso, sull’altare o accanto ad esso e di ri­portarli via dopo la benedizione finale. Il nuovo Mes­sale riconosce di nuovo una maggior importanza ai ce­roferari. Il loro primo compito: in ogni celebrazione del­la Messa (e non solo di domenica e nelle solennità) pos­sono portare i candelieri nella processione di ingresso e collocarli accanto all’altare, accanto alla croce o sul­la credenza (cf. Introd. al Messale, n. 84). Il secondo compito: i ceroferari accompagnano il sacerdote o il dia­cono all’ambone e stanno alla destra e alla sinistra dell’ambone mentre viene proclamato il Vangelo (cf. Ivi, n. 94). Questo servizio dei ministranti è possibile in ogni celebrazione della Messa. Infine, un terzo campo: i ce­roferari accompagnano colui che porta la croce in tut­te le processioni, soprattutto nelle processioni eucari­stiche. ministranti3.jpg
7. Ministranti come portatori del turibolo.
Un servizio tipico dei ministranti svolgono anche co­loro che portano il turibolo e la navicella. Il loro im­piego non è limitato alle solennità o ad occasioni parti­colari. Nel Messale leggiamo al riguardo: «L’uso dell’incenso in qualsiasi forma di Messa è facoltativo. Si può usare l’incenso: durante la processione d’ingresso; all’inizio della Messa, per incensare l’altare; alla pro­cessione e alla proclamazione del Vangelo; all’offerto­rio, per incensare le offerte, l’altare, il sacerdote e il po­polo; alla presentazione al popolo dell’ostia e del cali­ce dopo la consacrazione» (cf. Introd. al Messale, n. 235). Oltre che nella Messa, la Chiesa conosce l’uso dell’incenso anche in altre occasioni: per l’esposizione del Santissimo e nelle processioni eucaristiche (cf. Ri­to della comunione fuori della messa e culto eucaristi­co, nn. 93, 110 e 114), nella sepoltura (cf. n. 36 dell’Introduzione pastorale al rito dell’esequie), nelle be­nedizioni (cf. n. 26 dell’Introduzione pastorale al «De Benedictionibus») e nella recita delle lodi e del vespro (cf. n. 261 dell’Introd. generale alla Liturgia delle Ore). Come documentano questi esempi, i turiferari posso­no contribuire a rendere solenni le funzioni e quindi anche ad animare il servizio dei ministranti. L’impiego più frequente dell’incenso corrisponde addirittura a un bi­sogno profondo del nostro tempo divenuto così pove­ro di segni. 
8. Ministranti per il servizio del libro.

Nel corso della celebrazione eucaristica il sacerdote svolge la sua funzione in luoghi diversi: alla sede, all’ambone, all’altare. Inoltre, per assolvere i suoi com­piti, ha bisogno di diversi libri liturgici: il messale, il lezionario (evangeliario), a volte anche un libro conte­nente le preghiere dei fedeli e un libro di canto. Il pas­saggio dalla sede all’ambone e all’altare, nonché la mol­teplicità dei libri consigliano di impiegare dei ministranti per il servizio del libro. All’inizio della celebrazione un ministrante porta il messale alla sede e lo sostiene, quan­do il sacerdote presiede i riti di introduzione e recita la colletta. Poi, quando comincia l’offertorio, lo porta sull’altare, e per l’orazione dopo la comunione lo riporta alla sede. Affinché il sacerdote possa cominciare e chiu­dere la preghiera dei fedeli, un ministrante porta il li­bro relativo alla sede o all’ambone. Se il sacerdote co­mincia e conclude tale preghiera alla sede, il ministran­te gli sostiene il libro a una distanza utile per leggere. Compito del diacono sarebbe quello di portare l’Evangeliario nella processione di ingresso e di deporlo sull’altare; ma in sua assenza un lettore o un ministrante può compiere questo ufficio (cf. Introd. al Messale, n. 82). Questo gesto mette in luce il valore altissimo dei libri liturgici e del «servizio del libro» svolto dai mini­stranti. Essi collaborano a loro modo, quando Cristo si rivela ai suoi fedeli nella predicazione e quando il sa­cerdote si rivolge pregando al Padre.

9. Ministranti come aiutanti nella presentazione dei doni.
Da non dimenticare è la funzione dei ministranti all’offertorio della Messa. Il messale menziona le seguenti azioni: dopo la preghiera dei fedeli, essi portano all’al­tare il corporale, il purificatoio, il calice e il messale (cf. Introd., n. 100). Non menzionati in questo contesto sono i doni del pane e del vino. Portarli è in primo luogo com­pito degli stessi fedeli (cf. Ivi, n. 49). «Sarà bene», così leggiamo (Ivi, n. 101), «che la partecipazione dei fede­li si manifesti con l’offerta sia del pane e del vino per la celebrazione dell’Eucaristia, sia di altri doni». Da que­sta raccomandazione si deduce anche la collocazione ini­ziale dei doni del pane e del vino; possibilmente essi non stanno sulla credenza, ma su un tavolino posto nella navata della chiesa. I ministranti debbono comunque svolgere un loro compito in questa parte della celebra­zione. Il sacerdote riceve il pane e il vino con la loro collaborazione (cf. Ivi, n. 101). Un altro servizio, pre­stato dai ministrati durante il rito di presentazione dei doni, è la preparazione dell’acqua e del purificatoio per l’abluzione delle mani del sacerdote. Dopo la comunio­ne, i ministranti riportano di nuovo via quel che non viene più usato; riportano cioè alla credenza i vasi pu­rificati dal sacerdote (cf. Ivi, n. 120). 
10. I ministranti suonano il campanello.

L’uso del campanello nel culto va visto in stretto rap­porto con la funzione delle campane. Ambedue cerca­no di richiamare l’attenzione dei fedeli sul santo even­to. Le campane chiamano al culto pubblico e invitano alla preghiera privata (per es. l’«Angelus»); inoltre, se suonate a festa, aiutano a creare un’atmosfera di gioia. Un compito simile hanno assunto anche i piccoli cam­panelli degli altari, che fanno la loro comparsa tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII. Allora invalse l’uso di elevare le sacre specie dopo la consacrazione del pa­ne e del vino e di mostrarle ai fedeli. I ministranti richiamavano con uno squillo di campanello l’attenzio­ne dei fedeli su questo momento. Sempre in quel perio­do si aggiunsero altri squilli, che echeggiavano in tutti i momenti importanti della celebrazione della Messa. Poi, una volta che l’Eucaristia diventò più trasparente (con l’uso della lingua volgare ecc.), venne progressi­vamente a mancare anche la motivazione intrinseca per l’uso del campanello. I fedeli possono partecipare in ma­niera più consapevole alla celebrazione e seguirne il de­corso senza particolari segni di richiamo. In molte chiese comunque è rimasto, anche secondo il nuovo messale, l’uso di suonare il campanello alla consacrazione del pa­ne e del vino. Nell’Introduzione generale leggiamo: «Po­co prima della consacrazione, il ministro avverte, se ne è il caso, i fedeli con un segno di campanello. Così pu­re suona il campanello alla presentazione al popolo dell’ostia consacrata e del calice secondo le consuetudini locali» (n. 109). I ministranti suonano anche quando si impartisce la benedizione eucaristica o quando una processione eucaristica passa per le strade.

11. I ministranti come trasmettitori del segno di pace.
I ministranti svolgono un servizio importante, quan­do il sacerdote annuncia la pace e poi invita a scam­biarsi il bacio della pace. Nel messale leggiamo al ri­guardo: «Se si ritiene opportuno, il diacono o il sacer­dote aggiunge... E tutti si scambiano vicendevolmente un segno di pace secondo gli usi locali. Il sacerdote dà la pace al diacono o al ministro» (accolito). Di una trasmissione ai fedeli nessuna parola. Essi possono scam­biarsi anche direttamente il segno di pace. Ma per ren­dere più trasparente il simbolismo sarebbe opportuno trasmettere visibilmente e sensibilmente il segno di pa­ce: i ministranti, ricevutolo dal sacerdote, abbandona­no il presbiterio e lo portano ai fedeli, limitandosi a tra­smetterlo al primo di ogni banco. Ciò manifesta me­glio che la pace è un dono di Dio e che parte dall’alta­re. Inoltre, la Messa non ne scapiterebbe, se vi aggiun­gessimo segni e gesti adeguati al tempo e alla sensibili­tà degli uomini. 
ministranti4.gif12. I ministranti rappresentano la comunità.Normalmente il sacerdote celebra l’Eucaristia con un cer­to numero di fedeli, specie la domenica e nei giorni fe­stivi. Ad essa prendono parte persone che non svolgo­no alcuna funzione. Ma può anche succedere che il sa­cerdote debba celebrarla senza la comunità dei fedeli. In un caso del genere deve esser presente per lo meno un ministrante; «non si celebri la Messa senza la partecipazione di almeno qualche fedele o di un ministro, se non per un motivo giusto e ragionevole» (Introd. al Messale, n. 211). Nei limiti del possibile, il ministrante legge anche la prima lettura e il salmo, eventualmente anche la seconda lettura con il versetto alleluiatico o un altro canto corrispondente (cf. Ivi, n. 217). All’offer­torio porta sull’altare il corporale, il purificatoio, il ca­lice e i doni, quindi aiuta al lavabo (cf. Ivi, nn. 221 e 222). Successivamente può riportare alla credenza il ca­lice purificato dal sacerdote (cf. Ivi, n. 229). Vale quindi il principio: se è disponibile solo un collaboratore per questi servizi particolari, il ministrante si assume com­piti che altrimenti sono svolti dal lettore, dal cantore o dall’assemblea. 
13. I ministranti aiutano in ogni celebrazione.

Oltre alle azioni che si compiono quasi in ogni Mes­sa, i ministranti ne eseguono altre in celebrazioni e oc­casioni particolari. Nel battesimo dei bambini essi so­stengono i vasetti del crisma e dell’olio dei catecumeni, nella celebrazione del matrimonio il vassoio con gli anelli degli sposi, nell’unzione degli infermi il vasetto con l’olio degli infermi, nella benedizione di persone, edifici e og­getti il secchiello con l’acqua benedetta... Prima della benedizione eucaristica o del trasporto del Santissimo porgono al sacerdote il velo, nelle processioni portano bandiere, nelle celebrazioni all’aria aperta, ove si impiegano impianti di amplificazione trasportabili, sor­reggono il microfono... Servizi di questo genere ve ne sono molti; essi manifestano la multiforme e indispen­sabile funzione dei ministranti.

14. Posto e abbigliamento dei ministranti.

Nel descrivere l’ufficio dei ministranti bisogna anche domandarsi dove essi prendono posto nel presbiterio. Allestire le loro sedi accanto a quella del sacerdote non sarebbe la soluzione migliore. La sede del sacerdote ha infatti una funzione diversa da quella dei ministranti. La prima mette in luce l’ufficio di presidenza del sacer­dote, le seconde servono solo a fornire un posto dove sedersi. Più giusto sarebbe perciò collocarle vicino alla credenza. Qui infatti i ministranti svolgono la maggior parte delle loro funzioni. Perciò leggiamo nel messale: «Le sedi per i ministri siano collocate in presbiterio nel posto più adatto perché essi possano compiere con fa­cilità il loro ufficio» (Introd. al Messale, n. 271).

Una parola sull’abbigliamento dei ministranti: la mol­teplicità dei servizi nel culto è illustrata da una diversa veste liturgica. Le vesti sacre alludono alle funzioni più diverse che caratterizzano un servizio particolare (cf. Ivi, n. 297). Già dalla veste liturgica l’assemblea deve poter riconoscere i compiti più diversi, la correlazione degli elementi cultuali e la struttura della comunità. Inol­tre, le vesti liturgiche contribuiscono a caratterizzare le azioni cultuali come opera di Cristo e della Chiesa (cf. Ivi, n. 4). L’abito particolare sottolinea infatti il carat­tere pubblico della liturgia. Le vesti abituali per i ministranti sono la talare e la cotta; o anche un camice stretto ai fianchi da un cingolo; «o un’altra veste legittima­mente approvata nella regione» (Ivi, n. 301). 
15. Pure gli adulti possono essere ministranti.

Per «ministranti» si intendono quasi sempre ragaz­zi/ragazze e giovani (chierichetti) che accompagnano il sacer­dote e svolgono determinate funzioni in chiesa. Ma la funzione rettamente intesa dei ministranti non esclude gli adulti. Ognuno dei partecipanti alla celebrazione è infatti qualcosa di più di un semplice uditore e spetta­tore. Per questo la Chiesa chiede a ogni singolo fedele di essere disponibile ad assumersi una funzione nel cul­to. «I fedeli», così leggiamo nell’Introduzione gene­rale al Messale (n. 62), «non rifiutino di servire con gioia l’assemblea del popolo di Dio, ogni volta che sono pre­gati di prestare qualche servizio particolare nella cele­brazione». In favore dell’impiego di fedeli adulti par­la anche il n. 68: «Quanto agli altri ministri, alcuni svol­gono determinate funzioni in presbiterio, altri fuori del presbiterio». Ministeri particolari in mezzo all’assem­blea - per es. la raccolta delle offerte, il servizio d’or­dine - è meglio siano svolti da adulti. Per quanto im­portante sia guadagnare ragazzi al servizio dei mini­stranti e introdurli così alla vita della Chiesa, altrettan­to importante è anche estendere tale servizio agli adulti.