Corso d’Aggiornamento per i Ministri Straordinari della Comunione (2007)
(tenuto da don Pietro Jura)
Eucaristia:
- «fonte e culmine» della liturgia
- un dono che supera infinitamente la nostra comprensione
- un’enciclica per ridestare lo «stupore eucaristico»
- «un dono troppo grande per sopportare ambiguità e diminuzioni»
- questionario di riflessione: per lo studio personale e per il lavoro di gruppo
1. L’Eucaristia, «fonte e culmine» della liturgia
La Messa è indubbiamente il rito basilare del cristianesimo, tanto che senza Messa non si dà comunità cristiana. Ne erano ben convinti i quarantanove martiri di Abitene, una cittadina dell’Africa Proconsolare. Questi, trascinati davanti al magistrato romano durante la persecuzione di Diocleziano (303-305), confessarono candidamente: «Sine dominico non possumus»; vale a dire: «Senza quel rito che si identifica con la domenica noi non possiamo stare, giacché come cristiani non esisteremmo neppure». Nella Messa, infatti, i fedeli si nutrono alla mensa della Parola del Signore e alla mensa del Corpo di Cristo (cf. SC 56).
Risulta pertanto fondamentale dedicare a questa celebrazione le massime cure, affinché ognuno, come individuo e come parte attiva della comunità, possa coglierne pienamente i frutti. Ciò spiega perché la celebrazione della Messa sia stata oggetto di una riforma robusta, espressamente voluta dal Concilio Vaticano II e assiduamente promossa da Paolo VI.
In passato, per secoli e secoli, si era assistito ad una sorta di immobilismo pratico, dovuto prima all’incapacità dei pastori di riconsiderare e adattare la prassi liturgica, e successivamente, a partire dalla contro-riforma, al timore generalizzato che, mutando qualcosa, si assecondassero le rivendicazioni dei Riformati e si mettesse così in pericolo l’unità cattolica faticosamente salvata. A risvegliarci da questo torpore e a liberarci da queste paure ha provveduto quel soffio dello Spirito che è stato appunto il Concilio Vaticano II.
Prima di affrontare i temi specifici del presente studio, vogliamo soffermarci con rapidi cenni sulla riforma liturgica, indicando quali preoccupazioni pastorali l’hanno guidata e quali attese l’hanno sorretta. Potremo così valutare meglio le immense risorse della liturgia, coglierne in profondità le linee di forza e accostarci al suo studio con un rinnovato coinvolgimento orante.
2. L’Eucaristia, un dono che supera infinitamente la nostra comprensione
Se in rapporto ad eventuali manchevolezze che si verificano in settori marginali della liturgia potremmo sospendere il giudizio e mostrarci tolleranti, in attesa che il tempo faccia il suo corso e l’esperienza riconduca ogni cosa alla giusta misura, esiste invece un settore che non consente - a chi crede - di soprassedere. Si tratta della celebrazione eucaristica, che a causa della sua indiscussa preminenza è «fonte e culmine» di tutta la liturgia. Così recita la costituzione «Lumen gentium»: "Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e culmine di tutta la vita cristiana, [i fedeli] offrono a Dio la vittima divina e con essa se stessi. In tal modo tutti, con l’oblazione e con la santa comunione, svolgono la propria parte nell’azione liturgica, non indistintamente, ma chi in un modo e chi in un altro. Cibandosi infatti del corpo di Cristo nella sacra celebrazione, mostrano concretamente l’unità del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è felicemente espressa e mirabilmente prodotta" (n. 11).
Per sottolineare la grandezza del dono che, la vigilia della sua passione, il Signore Gesù volle lasciare alla sua Chiesa, l’anonimo autore che va sotto il nome di Dionigi Areopagita, tramite il ricorso a un superlativo di stile semitico, presenta l’Eucaristia come «la perfezione delle perfezioni», ovvero il sacramento dei sacramenti. Se infatti gli altri sacramenti già sono perfetti, in quanto producono la grazia che significano, l’Eucaristia li supera infinitamente a causa della modalità unica con cui pone in atto l’effetto di grazia. Mentre nel battesimo e nella crismazione a produrre l’effetto sacramentale sono rispettivamente l’acqua che rimane acqua e l’olio che rimane olio, invece nell’Eucaristia non sono il pane e il vino a trasformarci nel corpo ecclesiale, bensì la reale presenza del Corpo e del Sangue del Signore sotto il velo conviviale del pane e del vino.
Esistono fondati motivi per ritenere che gli Apostoli, se avessero saputo che il Signore stava per provvedere di sacramenti la nuova alleanza - giacché un’economia salvifica senza sacramenti è inconcepibile -, in nessun modo sarebbero riusciti a immaginare l’entità del dono che si apprestava a fare. Ne abbiamo conferma, più ancora che nelle mormorazioni dei Giudei che nella sinagoga di Cafarnao si rifiutano di credere (cf. Gv 6, 30-66), nella perplessità stessa che il Signore avverte sul volto dei Dodici, allorché li interpella risoluto: «Forse anche voi volete andarvene?» (Gv 6, 67).
A nome dei suoi compagni, Pietro risponde con una stupenda professione di fede: «Signore, da chi andremo? Tu hai Parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e sappiamo che tu sei il Santo di Dio!» (Gv 6, 69). Parafrasando la risposta di Pietro, potremmo dire: «Certo, Signore, anche per noi il tuo discorso è duro; neppure noi riusciamo a comprendere in qual modo ci darai la tua carne da mangiare e il tuo sangue da bere. Ma ci fidiamo di te, poiché siamo sicuri che, quando verrà l’ora, tu ci spiegherai tutto».
Come quella di Pietro, tale fu sempre la fede della Chiesa: una fede incrollabile, incentrata proprio su quel dono che, se non ci fosse stato rivelato, mai mente creata avrebbe potuto supporre come possibile, né immaginare come fattibile, né sperare come fruibile. Se è vero che le risorse della mente umana risulteranno sempre impari a comprendere il mistero della fede, se è vero che a tentare di penetrarne i tesori non basteranno né la vita del singolo credente né il fluire delle generazioni, codesta consapevolezza, lungi dallo scoraggiarci, deve piuttosto spronarci all’approfondimento teologico, alla riflessione spirituale, a una continua e scrupolosa verifica delle nostre prassi celebrative.
3. Un’enciclica per ridestare lo «stupore eucaristico»
Un autorevole invito alla riflessione ci viene offerto dalla Lettera enciclica «Ecclesia de Eucharistia», che Giovanni Paolo II ha indirizzato all’intera comunità dei credenti il Giovedì santo 2003. In questo documento, ancor più che negli altri testi del magistero, l’incipit è tutto un programma, poiché la Chiesa vive dell’Eucaristia. Sul prolungamento dell’anno giubilare, annunciato e celebrato come «anno intensamente eucaristico», in sintonia con i congressi eucaristici nazionali e internazionali che riportano puntualmente l’Eucaristia al centro della nostra ammirazione, l’enciclica «Ecclesia de Eucharistia» punta a ravvivare il nostro «stupore» proprio in rapporto al sacramento nel quale si avvera in pienezza la promessa del Signore: «Ecco, io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Così scrive il Papa Polacco: «Questo "stupore" eucaristico desidero ridestare con la presente Lettera enciclica, in continuità con l’eredità giubilare, che ho voluto consegnare alla Chiesa con la Lettera apostolica "Novo millennio ineunte" e con il suo coronamento mariano "Rosarium Virginis Mariae". Contemplare il volto di Cristo, e contemplarlo con Maria, è il "programma" che ho additato alla Chiesa all’alba del terzo millennio, invitandolo a prendere il largo nel mare della storia con l‘entusiasmo della nuova evangelizzazione» (EE 6).
4. L’Eucaristia, «un dono troppo grande per sopportare ambiguità e diminuzioni»
Giovanni Paolo II, dopo aver ricordato la grande luce che la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II ha portato «per una più consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione dei fedeli» (EE 10), accenna all’esistenza di zone d’ombra eucaristica, riscontrabili in misura diversa nei vari contesti ecclesiali. Il Pontefice lamenta un certo abbandono dell’adorazione eucaristica fuori della messa, deplora la presenza di abusi nel modo di celebrare, segnala i limiti derivanti da una disaffezione crescente alla dimensione sacrificale della Messa, parla di una insufficiente attenzione alla necessità del sacerdozio ministeriale e di mancata chiarezza in talune iniziative ecumeniche (EE 10).
Si potrebbe allungare la lista delle ombre, giacché più alto è il dono, più lungo rischia di essere il relativo cono d’ombra, che in questo caso assumiamo nei suoi risvolti negativi. Ci si potrebbe domandare: molti abusi che si riscontrano a livello celebrativo, non derivano forse da una presentazione dell’Eucaristia in dimensione esclusivamente conviviale? Inoltre, una certa riduzione statico - devozionale dell’Eucaristia non ha forse finito per oscurare la sua imprescindibile dimensione dinamica, trinitaria, pneumatologica, ecclesiologica? Ancora: l’abitudine diffusa a vivere l’Eucaristia come esperienza di fede privata, non ha forse incentivato una scollatura tra il momento celebrativo e le implicazioni etiche che ne derivano a livello tanto individuale quanto comunitario? «L’Eucaristia è un dono troppo grande - ammonisce il Pontefice - per sopportare ambiguità e diminuzioni» (EE 10).
5. Questionario di riflessione: per lo studio personale e per il lavoro di gruppo
1. Quali sono gli stimoli maggiori che l’enciclica Ecclesia de Eucharistia pone alla riflessione sotto il profilo liturgico, teologico, pastorale?
2. I fedeli comprendono oggi che l’Eucaristia, pur essendo un sacramento come gli altri, è un sacramento ben diverso dagli altri?
3. Che cosa pensano oggi i fedeli della presenza reale? Vi aderiscono con la fede di Pietro che, pur senza comprendere, crede? Ne dubitano come i Giudei della sinagoga di Cafarnao? Oppure non si pongono il problema?
4. Nell’enciclica il Papa accenna all’esistenza, in molti contesti ecclesiali, di zone d’ombra eucaristica, quali (a) un certo abbandono dell’adorazione eucaristica, (b) la presenza di abusi nel modo di celebrare, (e) una disaffezione crescente alla dimensione sacrificale della Messa, (d) una insufficiente attenzione alla necessità del sacerdozio ministeriale, (e) una mancata chiarezza in talune iniziative ecumeniche. Oltre a far torto alla santità dell’Eucaristia, gli abusi nella prassi celebrativa oscurano l’immagine della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II. Quali sono gli abusi più frequenti che si notano nel tuo ambiente, e in che modo porvi rimedio?
5. In qual modo pensi si dovrà programmare e condurre una riflessione sull’Eucaristia, perché possa ridestare nelle comunità ecclesiali quello «stupore eucaristico» di cui parla Giovanni Paolo II (Ecclesia de Eucharistia nn. 5.6)?