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Ministri straordinari

Corso d’Aggiornamento per i Ministri Straordinari della Comunione (2007)

(tenuto da don Pietro Jura)


L’Eucaristia: un dono da scoprire a partire dalla celebrazione.
Il quadro liturgico – teologico dell’Eucaristia
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Alla riscoperta di una metodologia sperimentata
- San Giustino e la più antica descrizione della Messa

1. Alla riscoperta di una metodologia sperimentata

Si sa che i Padri della Chiesa d’Oriente e d’Occidente solevano impostare tutta la catechesi sui sacramenti a partire dal vissuto cultuale, ben convinti che è precisamente «attraverso i riti e le preghiere liturgiche» (per ritus et preces) che si trasmette intatto, di generazione in generazione, il contenuto della fede. Lo dimostrano le appassionate mistagogie di Cirillo a Gerusalemme, di Ambrogio a Milano, di Agostino a Ippona, di Teodoro a Mopsuestia, di Giovanni Crisostomo prima ad Antiochia e più tardi a Costantinopoli, nonché di tutti quei grandi pastori che ci hanno lasciato una produzione omiletica di primo ordine.

La prassi di impostare le catechesi a partire dal momento liturgico era talmente abituale da consentire nel V secolo a Prospero di Aquitania di affermare che «la normativa della preghiera determina la normativa della fede» (legem credendi lex statuit supplicandi). Tale convinzione, successivamente recepita con valore di assioma, riconosce l’esistenza di un vero e proprio magistero liturgico, nel senso cioè che la preghiera liturgica è a pieno titolo maestra di fede.

Venne poi il medioevo e con esso le ardenti dispute intorno al mistero della presenza reale e della transustanziazione. Venne pure la Riforma protestante, che oscurò in misura più o meno grave la fede nella presenza reale e finì per negare il carattere sacrificale della Messa. Venne infine il Concilio di Trento a riaffermare solennemente l’integrità della fede eucaristica. Intanto il popolo cristiano, che assisteva alla Messa nella quale si pregava in una lingua non più sua, contemplava con intensa devozione l’ostensione delle specie eucaristiche e riviveva con gratitudine la «rinnovazione» del sacrificio della croce. Tali erano i modelli che la catechesi dal medioevo in poi aveva impresso nella mente di ognuno. Per il fedele tutta quanta la Messa si riduceva di fatto a quel momento luminoso, straordinario, misterioso e unico, e pertanto assolutamente isolato dal resto, che era ai suoi occhi la consacrazione.

Con il Concilio Vaticano II è giunta, davvero provvidenziale, l’adozione della lingua parlata. Il fedele ha cominciato allora a comprendere qualcosa di più rispetto al passato, ma ancora troppo poco in rapporto alle potenzialità racchiuse nei formulari con cui la Chiesa di sempre fa l’Eucaristia, si tratti delle preghiere eucaristiche introdotte di recente o di quelle antiche e venerande che continuano ad essere utilizzate soprattutto nelle Chiese orientali.


2. San Giustino e la più antica descrizione della Messa

Se vogliamo precisare il contesto rituale in cui avviene la celebrazione dell’Eucaristia, dobbiamo necessariamente riferirci alla liturgia della Parola. Infatti è proprio a questa prima porzione celebrativa, la quale a sua volta nasce dalla liturgia della Parola sinagogale, che vediamo affiancarsi fin dall’epoca apostolica, come porzione celebrativa nuova, la liturgia propriamente eucaristica.

Il merito di averci trasmesso il più antico racconto della liturgia cristiana va a quel grande Padre della Chiesa che fu Giustino, nato in Samaria da coloni greci, convertitosi dal paganesimo e messo a morte per la fede cristiana a Roma intorno all’anno 165. Pur non essendo né vescovo, né presbitero, né diacono, ma - come si direbbe oggi - un laico impegnato, Giustino ci ha lasciato due preziose descrizioni della celebrazione eucaristica, che si susseguono a ruota nella sua Prima Apologia. Soffermiamoci sulla seconda, la più celebre e la più completa in quanto riferita alla domenica. Così leggiamo: «E nel giorno che chiamano "[Giorno] del Sole", da parte di tutti quelli che dimorano sia nelle città sia nelle campagne, si fa un raduno in uno stesso luogo, e si leggono le memorie degli Apostoli e gli scritti dei Profeti, finché il tempo lo consente. Poi, una volta che il lettore ha terminato, colui che presiede con un discorso ammonisce ed esorta all’imitazione di queste belle cose. Poi ci alziamo tutti insieme ed eleviamo suppliche. Allora, come già dicemmo, non appena abbiamo terminato la supplica, si porta del pane e del vino e dell’acqua, e colui che presiede innalza in pari tempo suppliche e azioni di grazie quanta è la sua forza, e il popolo approva per acclamazione dicendo Amen. Quindi gli elementi sui quali sono state rese grazie vengono distribuiti e sono ricevuti da ognuno; e per mezzo dei diaconi ne viene mandata parte anche a coloro che non sono stati presenti. Coloro poi che sono nell’abbondanza, e vogliono [dare], danno a discrezione quello che ognuno vuole, e quanto è raccolto viene depositato presso colui che presiede; ed egli stesso presta soccorso agli orfani e alle vedove, e a quanti sono trascurati per malattia o per altra causa, e a quelli che sono in carcere, e a coloro che soggiornano come stranieri: in poche parole, [egli] si fa provveditore per tutti quelli che sono nella necessità».

Questo racconto di Giustino, confermato da tutta la tradizione, attesta che la celebrazione eucaristica nasce dalla domenica, giorno memoriale della risurrezione del Signore. Pertanto fin dagli inizi essa assume un ritmo ebdomadario, come pasqua settimanale, giacché nel cristianesimo ogni domenica è pasqua. A questo ritmo ebdomadario si affianca più tardi in Occidente il ritmo quotidiano, come pasqua quotidiana, poiché nel cristianesimo ogni giorno è domenica.

Nella sua descrizione, Giustino sa prestare attenzione all’insieme e al dettaglio. Anzitutto, a modo di cornice rituale, menziona, in apertura, il raduno liturgico di tutti nello stesso giorno e in uno stesso luogo - ovviamente ad opera di colui che presiede - e, in chiusura, si sofferma sul concorso caritativo a favore di «tutti quelli che sono nella necessità». Inoltre, sottolinea come la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica siano articolate da un preciso nesso di successione, che riconosce ad ognuna una propria struttura portante.

Sia nell’una sia nell’altra liturgia possiamo individuare due pilastri strutturali. Questi, per la Liturgia della Parola, sono: la proclamazione attualizzante della Parola di Dio (= letture + omelia) e la risposta supplichevole della comunità (= preghiera dei fedeli); e, per la Liturgia dell’Eucaristia, sono la preghiera eucaristica e la comunione. Tuttavia, mentre la liturgia della Parola può figurare come celebrazione autonoma, dalla tradizione non risulta che l’Eucaristia sia stata celebrata autonomamente. L’osservazione è sufficiente per dire tutta l’importanza propedeutica che la liturgia della Parola riveste nei confronti della liturgia eucaristica. L’autorevole conferma dell’interrelazione tra Parola di Dio ed Eucaristia ci viene dal racconto dei discepoli di Emmaus che, dopo aver ascoltato con cuore ardente il Signore mentre spiegava le Scritture lungo la via, lo riconobbero nello spezzare il pane (cf. Lc 24, 13-35).

 

 

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