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CoraleCONCERTI NELLE CHESE
Alcuni elementi di riflessione e di interpretazione delle norme canoniche
In prossimità delle feste patronali e delle feste natalizie, si inten­sificano nelle nostre comunità anche le iniziative artistico-musicali da par­te di complessi corali e strumentali parrocchiali e non parrocchiali. Per ta­li attività concertistiche si chiede spesso ospitalità alle nostre chiese, met­tendo talvolta a disagio i loro rettori, perché i programmi, pur apprezzabi­li, non sono compatibili con la destinazione «esclusiva e permanente» dell’edificio sacro. Ricordando che per queste esecuzioni si richiede l’auto­rizzazione dell’Ordinario (o del competente Ufficio di Curia) con la presen­tazione previa del programma, si ritiene di far cosa utile pubblicando il documento (5 novembre 1987) del­la Congregazione per il Culto divino.
1. MUSICA NELLE CHIESE AL DI FUORI DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
1. L’interesse per la musica è una delle manifestazioni della cultura contemporanea. La facilità di poter ascoltare in casa le opere classiche, attraverso la radio, i dischi, le cas­sette, la televisione, non solo non ha fatto diminuire il pia­cere dell’ascolto di concerto dal vivo, ma anzi lo ha aumentato. Questo è un fenomeno positivo, perché la musica e il canto contribuiscono ad elevare lo spirito.
L'aumento quantitativo dei concerti ha portato recente­mente, in diversi paesi, all’utilizzazione frequente delle chiese per la loro esecuzione. Diversi sono i motivi presen­tati: necessità di ambienti, non trovando con facilità luoghi adeguati; ragioni acustiche, per le quali le chiese general­mente danno buona garanzia; ragioni estetiche, desiderando che il concerto venga eseguito in un ambiente di bellezza; ragioni di convenienza, per ridare alle composizioni esegui­te il loro ambiente nativo; ragioni anche semplicemente pra­tiche, soprattutto per i concerti di organo: le chiese, infatti, nella loro generalità ne sono dotate.
2. Contemporaneamente a questo processo culturale si è verificata una situazione nuova nella Chiesa.
Le «Scholae cantorum» non hanno avuto molte volte l’opportunità di eseguire il loro repertorio abituale di musi­ca sacra polifonica nel contesto della celebrazione liturgica.
A motivo di ciò, è stata presa l’iniziativa di eseguire que­sta musica sacra, all’interno della chiesa, in forma di con­certo. Lo stesso è capitato con il canto gregoriano, che è en­trato a far parte dei programmi di concerti dentro e fuori del­la chiesa.
Un altro fatto importante è costituito dall’iniziativa dei «concerti spirituali»: tali perché la musica eseguita in essi può considerarsi religiosa, per il tema che essa tratta, per i testi che le melodie rivestono, per l’ambito in cui tali esecu­zioni avvengono.
Essi possono comportare, in alcuni casi, letture, preghie­re, silenzi. Per questa loro caratteristica possono essere as­similati a un «pio esercizio».
3. L’accoglienza progressiva dei concerti nelle chiese su­scita nei parroci e nei rettori alcuni interrogativi ai quali bi­sogna rispondere.
Se un’apertura generale delle chiese ad ogni sorta di con­certi provoca reazioni e biasimi da parte di tanti fedeli, an­che un rifiuto indiscriminato rischia di essere capito o ac­colto male da parte degli organizzatori dei concerti, dai mu­sicisti e dai cantori.
Prima di tutto è importante riferirsi al significato stesso delle chiese e della loro finalità. Per questo, la Congrega­zione per il Culto Divino ritiene opportuno proporre alle Conferenze Episcopali, e, secondo la loro competenza, alle Commissioni nazionali di liturgia e di musica sacra, alcuni elementi di riflessione e di interpretazione delle norme ca­noniche circa l’uso nelle chiese dei diversi generi di musi­ca: musica e canto per la liturgia, musica di ispirazione reli­giosa, musica non religiosa.
4. È necessario rileggere nel contesto contemporaneo documenti già pubblicati, in particolare la Costituzione sul­la Liturgia Sacrosanctum Concilium, l’Istruzione Musicam Sacram, del 5 settembre 1967, l’Istruzione Liturgicae in­staurationes, del 5 settembre 1970, ed anche tenere presen­te il Codice di Diritto Canonico, ai cann. 1210, 1213 e 1222.
Nella presente lettera si parlerà soprattutto delle esecu­zioni musicali al di fuori delle celebrazioni liturgiche.
La Congregazione per il Culto Divino desidera, in questo modo, assistere i singoli Vescovi nel prendere decisioni pa­storali valide, tenendo conto della situazione socio-cultura­le dell’ambiente.
2. ELEMENTI DI RIFLESSIONE
La natura e la finalità delle chiese
5. Secondo la tradizione illustrata dal Rituale della Dedi­cazione della chiesa e dell’altare, le chiese, sono, anzitutto, luoghi dove si raccoglie il popolo di Dio. Esso, «adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, è la Chiesa, tempio di Dio edificato con pietre vive, nel quale viene adorato il Padre in spirito e verità. Giustamente fin dall’antichità il nome “chiesa” è stato esteso all’edificio in cui la comunità cristiana si riunisce per ascoltare la parola di Dio, pregare insieme, ricevere i Sacramenti, celebrare l’Eucaristia», e adorarla in esso come sacramento perma­nente (cf. Benedizione degli olii e dedicazione della chiesa e dell’altare, CEI, 1980, cap. II, 1).
Le chiese pertanto non possono considerarsi come semplici luoghi «pubblici», disponibili a riunioni di qual­siasi genere. Sono luoghi sacri, cioè «messi a parte», in modo permanente, per il culto a Dio dalla dedicazione o dalla benedizione.
Come edifici visibili, le chiese sono segni della Chiesa pellegrina sulla terra; immagini che annunciano la Gerusalemme celeste; luoghi in cui si attualizza fin da quaggiù il mistero della comunione tra Dio e gli uomini. Negli abitati urbani o rurali, la chiesa è ancora la casa di Dio, cioè il se­gno della sua abitazione fra gli uomini. Essa rimane luogo sacro, anche quando non vi è una celebrazione liturgica.
In una società di agitazione e di rumore, soprattutto nelle grandi città, le chiese sono pure luoghi adeguati dove gli uo­mini raggiungono, nel silenzio o nella preghiera, la pace del­lo spirito o la luce della fede.
Ciò sarà possibile soltanto se le chiese conservano la lo­ro identità. Quando le chiese si utilizzano per altri fini di­versi dal proprio, si mette in pericolo la loro caratteristica di segno del mistero cristiano, con danno più o meno grave al­la pedagogia della fede e alla sensibilità del popolo di Dio, come ricorda la parola del Signore: «La mia casa è casa di preghiera» (Lc 19, 46).
Importanza della musica sacra
6. Una rilevanza positiva merita la musica sacra sia voca­le che strumentale. Come tale qui intendiamo «quella che, composta per la celebrazione del culto divino, è dotata di santità e bontà di forme» (MS, n. 4a). La Chiesa la conside­ra come «patrimonio di inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte», le riconosce un «compito mi­nisteriale nel servizio divino» (cf. SC, n. 112), raccomanda che «se ne conservi e si incrementi con grande cura il patri­monio» (cf. SC, n. 114).
Quando l’esecuzione della musica sacra avviene durante una celebrazione, dovrà attenersi al ritmo e alle modalità proprie della stessa. Ciò obbliga, non poche volte, a limita­re l’uso di opere create in un tempo in cui la partecipazione attiva dei fedeli non era proposta come fonte per l’autentico spirito cristiano (cf. SC 14; Pio X, Tra le sollecitudini).
Codesto cambiamento nell’esecuzione delle opere mu­sicali è analogo a quello attuato per altre creazioni artisti­che in campo liturgico, per motivo di celebrazione: per esempio, i presbitèri sono stati ristrutturati con la sede presidenziale, l’ambone, l’altare «versus populum». Ciò non ha significato disprezzo per il passato, ma è stato vo­luto per un fine più importante, come è la partecipazione dell’assemblea.
L’eventuale limitazione che può avvenire nell’uso di codeste opere musicali può essere supplita con la presen­tazione integrale di esse, al di fuori delle celebrazioni, sot­to la forma di concerti di musica sacra.
L’organo
7. L’uso dell’organo durante le celebrazioni liturgiche og­gi si limita a pochi interventi. Nel passato l’organo sostitui­va la partecipazione attiva dei fedeli e riempiva l’assistenza di chi era «muto e inerte spettatore» della celebrazione (Pio XI, Divini cultus, n. 9).
L’organo può accompagnare e sostenere i canti sacri, du­rante le celebrazioni, sia dell’assemblea che della schola.
Ma il suono dell’organo non si deve sovrapporre alle ora­zioni o ai canti eseguiti dal sacerdote celebrante, e neppure alle letture proclamate dal lettore o dal diacono.
Il silenzio dell’organo dovrà essere mantenuto, secondo la tradizione, anche nei tempi penitenziali (Quaresima e Set­timana Santa), e nella Liturgia dei defunti. Il suono dell’or­gano, in queste circostanze, è permesso solo per accompa­gnare il canto.
3. DISPOSIZIONI PRATICHE
8. Il regolamento per l’uso delle chiese è determinato dal can. 1210 del Codice di Diritto Canonico: «Nel luogo sacro sia ammesso solo quanto serve per esercitare e promuovere il culto, la religione, ed è vietato tutto ciò che non sia con­sono alla santità del luogo. Tuttavia l’Ordinario può per­mettere, caso per caso, altri usi, che però non siano contrari alla santità del luogo».
Il principio che l’utilizzazione della chiesa non deve es­sere contraria alla santità del luogo determina il criterio se­condo il quale si deve aprire la porta della chiesa a un con­certo di musica sacra o religiosa, e la si deve chiudere ad ogni altra specie di musica. La più bella musica sinfonica, per esempio, non è di per sé religiosa. Tale qualifica deve ri­sultare esplicitamente dalla destinazione originale dei pezzi musicali o dei canti e dal loro contenuto.
Non è legittimo programmare in una chiesa l’esecu­zione di una musica che non è di ispirazione religiosa e che è stata composta per essere eseguita in contesti pro­fani precisi, sia essa classica, o contemporanea, di alto li­vello o popolare: ciò non rispetterebbe il carattere sacro della chiesa, e la stessa opera musicale eseguita in un contesto non connaturale ad essa.
Spetta all’autorità ecclesiastica esercitare liberamente i suoi poteri nei luoghi sacri (cf. can. 1213), e dunque regola­re l’utilizzazione delle chiese salvaguardando il loro carat­tere sacro.
9. La musica sacra, cioè quella che è stata composta per la liturgia, ma che per motivi contingenti non può essere ese­guita durante una celebrazione liturgica, e la musica reli­giosa, cioè quella che si ispira al testo della Sacra Scrittura o della Liturgia o che richiama a Dio, alla Vergine Maria, ai Santi, o alla Chiesa, possono avere il loro posto nella chie­sa, ma fuori delle celebrazioni liturgiche; il suono dell’or­gano e altre esecuzioni musicali, sia vocali che strumentali, possono «servire a favorire la pietà o la religione». Esse han­no una loro particolare utilità:
a) per preparare alle principali feste liturgiche, o donare ad esse una più grande festosità, al di fuori delle celebrazio­ni;
b) per accentuare il carattere particolare dei diversi tempi liturgici;
c) per creare nelle chiese un ambiente di bellezza e di me­ditazione, che aiuti e favorisca, anche in coloro che sono lontani dalla Chiesa, una disposizione a recepire i valori del­lo spirito;
d) per creare un contesto che renda più facile ed accessi­bile la proclamazione della parola di Dio: per esempio una lettura continua dell’Evangelo;
e) per mantenere vivi i tesori della musica di chiesa che non devono andare perduti: musiche e canti composti per la Liturgia, ma che non possono del tutto o con facilità entrare nelle celebrazioni liturgiche oggi; musiche spirituali, co­me oratori, le cantate religiose che continuano ad essere vei­coli di comunicazione spirituale;
f) per aiutare i visitatori e i turisti a meglio comprendere il carattere sacro della chiesa, per mezzo di concerti d’orga­no previsti in determinate ore.
10. Quando un concerto è proposto dagli organizzatori per essere eseguito in una chiesa, spetta all’Ordinario ac­cordare la concessione «per modum actus». Ciò deve esse­re inteso relativamente a concerti occasionali. Si esclude pertanto una concessione cumulativa, per esempio, nel qua­dro di un festival, o di un ciclo di concerti.
Quando l’Ordinario lo ritiene necessario, potrebbe, nelle condizioni previste dal CIC can. 1222§2, destinare una chiesa che non serve più al culto, ad «auditorium» per l’ese­cuzione della musica sacra o religiosa, ed anche per le ese­cuzioni musicali profane, purché siano consone alla sacra­lità del luogo.
In questo compito pastorale, l’Ordinario troverà aiuto e consiglio nella Commissione Diocesana di Liturgia e di Mu­sica Sacra.
Perché la sacralità della chiesa sia salvaguardata ci si at­tenga, in ordine all’autorizzazione dei concerti, alle seguen­ti condizioni, che l’Ordinario del luogo potrà precisare:
a) Si dovrà fare domanda, in tempo utile, per iscritto all’Ordinario del luogo con l’indicazione della data del concerto, dell’orario, del programma contenente le ope­re e i nomi degli autori.
b) Dopo aver ricevuto l’autorizzazione dell’Ordinario, i parroci e i rettori delle chiese ne potranno accordare l’uso ai cori e alle orchestre che avranno le condizioni sopra indica­te.
c) L’entrata nella chiesa dovrà essere libera e gratui­ta.
d) Gli esecutori e gli uditori dovranno avere un abbiglia­mento e un comportamento convenienti al carattere sacro della chiesa.
e) I musicisti e cantori eviteranno di occupare il pre­sbiterio. Il massimo rispetto sarà dovuto all’altare, al seggio del celebrante, all’ambone.
f) Il Ss.mo Sacramento sarà per quanto è possibile, conservato in una cappella annessa o in un altro luogo si­curo e decoroso (cf. CIC 938§4).
g) Il concerto sarà presentato ed eventualmente accom­pagnato da commenti che non siano solamente di ordine ar­tistico o storico, ma che favoriscano una migliore compren­sione e partecipazione interiore degli uditori.
h) L’organizzazione del concerto assicurerà per iscrit­to la responsabilità civile, le spese, il riordinamento dell’edificio, i danni eventuali.
11. Le disposizioni pratiche che precedono vogliono es­sere di aiuto ai Vescovi e ai rettori di chiesa nello sforzo pa­storale che loro compete di mantenere in ogni momento il carattere proprio delle chiese destinate alle celebrazioni, al­la preghiera e al silenzio.
Tali disposizioni non devono pertanto essere considerate come una mancanza di interesse per l’arte musicale.
Il tesoro della musica sacra rimane una testimonianza del modo con cui la fede cristiana può promuovere la cultura umana.
Mettendo in giusto valore la musica sacra o religiosa i musici cristiani e i benemeriti membri delle «Scholae Cantorum» debbono sentirsi incoraggiati a continuare questa tradizione e a mantenerla viva al servizio della fe­de, secondo l’invito indirizzato già dal Concilio Vaticano II, nel suo messaggio agli artisti: «Non rifiutate di met­tere il vostro talento al servizio della verità divina. Il mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la ve­rità, mette la gioia nel cuore degli uomini. E questo gra­zie alle vostre mani» (cf. Concilio Vaticano II, Messaggio agli artisti, 8 dicembre 1965).
Roma, 5 novembre 1987
Paul Augustin Card. Mayer, Prefetto
Virgilio Noé, Arcivescovo titolare di Voncaria, Segretario