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Scuola dei Ministeri

Altre celebrazioni liturgiche (CCC 1667-1690) 

Sacramentali (CCC 1667-1679)

“La santa Madre Chiesa ha istituito i sacramentali. Questi sono segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita” (SC 60; cf. CIC 1166).

 

a) Tratti caratteristici dei sacramentali

Poiché la Chiesa ha una struttura fondamentale sacramentale (d’incarnazione) e in essa è operante Cristo quale sommo sacerdote della nuova Alleanza, anche il suo complessivo agire salvifico diviene sa­cramentale, e cioè ha una componente percepibile sensibilmente e una invisibile-divina. I «segni visibili di una grazia invisibile» da essa compiuti consistono però non solo nei sette sacramenti, che sono delle azioni fondamentali della Chiesa in punti nodali della vita umana. Quando nella Chiesa occi­dentale del sec. XII si cominciò a rilevare nel cosmo dei segni e delle azioni liturgiche visibili i sette sacramenti, li si chiamò sacramenta maiora, e invece i rimanenti sacramenta minora[1]. Ancora nello stesso secolo si diede ad essi il nome di “sacramentali” (Pietro Lombardo).

Anche i sacramentali sono quindi azioni liturgiche simboliche, «per mezzo dei quali, ad imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali» (SC 60). Incontriamo in gran numero tali elementi liturgici simbolici già nell’ambito della celebrazione dei sacramenti (ad es. nel Battesimo l’imposizione del segno di croce sulla fronte, la benedizione dell’acqua ecc.), per illustrare il mistero e disporre gli uomini ad una ricezione fruttuosa (cf. CCC 1668). Anche l’anno liturgico è accompagnato da essi (ad es. la benedizione e la processione delle candele e delle palme, l’imposizione delle ceneri, la lavanda dei piedi e l’adorazione della croce) e trova in essi abbondantemente dei messaggi percepibili e una molteplice comunicazione di salvezza nei tempi e nelle feste del Si­gnore, e in quelle dei Santi. Ugualmente ci sono nella vita della parrocchia e nella vita privata dei cristiani e delle loro famiglie numerose benedizioni. Dietro ad esse c’è sempre la preghiera della Chiesa, che è unita a Cristo e perciò opera efficacemente. La teologia ha espresso questo fatto dicendo che i sacramentali operano ex opere operantis (= orantis) ecclesiae (per opera della Chiesa che agisce = prega).

Così a tutti i sacramentali è comune la preghiera in nome della Chiesa; attraverso di essa viene riconosciuto il dominio di Dio sulle persone e sulle cose, viene esaltata la sua sapienza e bontà, e viene invocato il suo aiuto molteplice. Se queste benedizioni riguar­dano anche cose materiali ciò avviene non per mutare in sé tali cose o per caricarle di una forza divina, bensì per orientarle e renderle nuovamente trasparenti nei confronti del Creatore di tutte le cose e del Redentore degli uomini. Esse diventano segno della presenza di Dio in questo mondo. Il carattere di segno insito nelle cose, la parola esplicativa e la preghiera della Chiesa danno la possibilità non solo di manifestare visibilmente la fede, ma anche di rafforzarla.
Una tale visione dei sacramentali, specialmente delle benedizioni di cose materiali, impedisce ogni concezione e prassi magica, quasi che la cosa benedetta fosse portatrice di una forza «che si sprigionerebbe a beneficio dell’uomo per il solo fatto di essere in presenza, di toccare o di usare la cosa stessa. Così la cosa benedetta non viene vista nella sua relazione con Dio, che benedice... Inoltre la preghiera di intercessione della Chiesa e del singolo viene fraintesa nel senso che opererebbe infallibilmente e obbligherebbe Dio ad agire. Non si considera neppure sufficientemente che l’uomo deve essere pronto e disporsi incessantemente di nuovo a ricevere la benedizione divina»[2].
Se si prescinde dalle azioni simboliche nel corso dell’anno liturgico, dalle processioni, dalle celebrazioni monastiche, dalla li­turgia della morte e delle esequie, «sono le benedizioni a formare il settore centrale dei sacramentali»[3]. Finora si era soliti riunire per lo più questi numerosi riti in due gruppi: consacrazioni e bene­dizioni. Con le consacrazioni s’esprime il fatto che una persona o una cosa è dedicata al particolare servizio di Dio o della Chiesa, come ad es. la professione di un monaco e la benedizione di un abate, o la dedicazione di un altare o di una chiesa, o la benedizione di una campana. Secondo un’antica tradizione si attribuiva alle benedizioni, unite ad unzioni col crisma, un particolare significato e le si chiamava consacrazioni. Benedizione era l’invocazione di Dio, unita alla pre­ghiera per ottenere l’aiuto di Dio per persone e cose. Recenti autori, la nuova edizione latina del Benedizionale e anche i nuovi libri litur­gici preferiscono in ogni caso l’espressione: benedizione. Anche la distinzione latina di benedictiones constitutivae (consacrazioni) e benedictiones invocativae (benedizioni), che si trova nel CIC 1917, can. 1148§2, non è stata più ripresa dal nuovo CIC 1984 (cf. can. 1166-1172). Benedizione, dal verbo benedicere (corrispondente all’ebraico berek e al greco eulogêin), col significato di benedire ossia esaltare, lodare, fa riferimento non solo alla cosa, ma anche a Colui che dà la benedizione. «Nelle espressioni in cui viene usata questa parola, oggetto può essere anche Dio, al quale si dirige la lode... della creatura e che attraverso questa lode viene riconosciuto come Signore e fonte di ogni benedizione. Il concetto di benedizione può quindi esprimere le due componenti dell’unico evento liturgico: la benedizione che scende da Dio e quella che sale a Dio»[4].
Incontriamo regolarmente questi due aspetti nella Beraka giudaica (plurale: Berakot); anche nella tradizione della Chiesa orientale essi sono sempre rimasti vivi. Così la benedizione è nella sua essenza anam­nesi, cioè memoriale delle benefiche azioni divine, ed epiclesi, cioè invocazione del suo “spirito buono” e del suo aiuto sugli uomini. Nella Chiesa occidentale l’elemento dossologico - anamnetico era andato nel corso del tempo sempre più scomparendo a beneficio della domanda[5]. I sacramentali non conferiscono la grazia dello Spirito Santo alla maniera dei sacramenti; però mediante la preghiera della Chiesa preparano a ricevere la grazia e dispongono a cooperare con essa (cf. SC 61).  

b) Le varie forme di sacramentali

Il Vaticano II cosciente di una carenza nell’ambito dei sacramentali sollecitò una riforma: «Si faccia una revisione dei sacramentali, tenen­do presente il principio fondamentale di una cosciente, attiva e facile partecipazione da parte dei fedeli, e considerando anche le necessità dei nostri tempi» (SC 79). All’occorrenza possono essere aggiunti an­che nuovi sacramentali. Solo pochi devono essere riservati. L’ammini­strazione di certi sacramentali deve essere resa possibile anche ai laici (cf. SC 79).

Attualmente possiamo distinguere fra i sacramentali:

* Innanzitutto le benedizioni (di persone, della mensa, di oggetti, di luoghi).

* Alcune benedizioni hanno una portata duratura: hanno per effetto di consacrare delle persone a Dio e di riservare oggetti e luoghi all’uso liturgico. Fra quelle che sono destinate a persone - da non confondere con l’ordinazione sacramentale - figurano la benedizione dell’abate o dell’abbadessa di un monastero, la consacrazione delle vergini e delle vedove, il rito della professione religiosa e le benedizioni per alcuni ministeri ecclesiastici (lettori, accoliti, catechisti, ecc). Come esempio delle benedizioni che riguardano oggetti, si può segnalare la dedicazione o la benedizione di una chiesa o di un altare, la benedizione degli olii santi, dei vasi e delle vesti sacre, delle campane, ecc.

* Quando la Chiesa domanda pubblicamente e con autorità, in nome di Gesù Cristo, che una persona o un oggetto sia protetto contro l’influenza del maligno e sottratto al suo dominio, si parla d’esorcismo.

Ci soffermeremo sulle benedizioni e l’esorcismo.


1. Benedizioni (CCC 1671-1672)
Dopo lunga attesa è apparso il Benedizionale romano come parte del Rituale romanum, con il titolo De benedictionibus[6]. Nel decreto di pubblicazione della Congregazione per il Culto Divino, del 31 mag­gio 1984, si dice delle celebrazioni contenute nel libro, che esse «come azioni liturgiche... portano i fedeli a lodare Dio, e li dispon­gono a conseguire l’effetto precipuo dei sacramenti e a santificare le varie circostanze della vita». Il considerevole volume in latino (540 pagine) s’inizia con delle “Premesse generali” e si articola in cinque parti, le quali a loro volta contengono numerose premesse all’inizio della parte e delle singole celebrazioni[7].

All’edizione latina ha fatto per così dire da battistrada l’edizione di studio del Benedizionale tedesco del 1978, nel quale erano stati riconosciuti nel loro valore usi e tradizioni locali, gli stessi che do­vranno trovare considerazioni nelle future edizioni in lingua parlata.
Alla base del Benedizionale tedesco, che apparve preceduto da un’introduzione pastorale di grande qualità, stanno tre principi[8], che costituiscono i criteri guida anche dell’edizione latina:

* le be­nedizioni sono strutturate come celebrazioni comunitarie;

* alla parola di Dio è riconosciuto il posto e il peso dovuto;
* nelle bene­dizioni di cose la preghiera si riferisce alle persone che usano tali oggetti[9].
In italiano il Benedizionale è stato pubblicato nel 1992[10]. Le premesse generali dopo aver parlato della benedizione nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa vengono a trattare degli uffici e ministeri; al riguardo si afferma che anche dei laici battezzati e cresimati, in base al sacerdozio universale e ad un particolare incarico, possono compiere certe benedizioni (cf. Premesse, n. 18). Determinante per la que­stione del ministro è il riferimento delle singole benedizioni alla diocesi, alla parrocchia e alla famiglia; così al vescovo sono riservate le benedizioni nelle quali emerge una particolare relazione con la diocesi (cf. Premesse, n. 18a); il sacerdote, il diacono o un laico incaricato compiono bene­dizioni attinenti la vita della parrocchia o la vita pubblica del luogo, i genitori benedicono nella famiglia (cf. Premesse, n. 18b-d).

Quanto alla struttura delle benedizioni si dice che essa comporta due parti principali e cioè la proclamazione della parola di Dio (even­tualmente preceduta da una monizione e seguita da una spiegazione o esortazione od omelia), e la lode della bontà di Dio con l’implorazione del suo aiuto (= formula di benedizione, non di rado accom­pagnata da un segno particolare ed eventualmente preceduta o seguita da un’orazione); la celebrazione è poi di norma incorniciata da brevi riti di apertura e conclusione (cf. Premesse, nn. 20-22). La celebrazione potrà essere adattata, ampliandola o abbreviandola, alla situazione, però la strut­tura nei suoi elementi principali deve essere mantenuta (cf. Premesse, nn. 23 e 32). Si parla inoltre di segni proposti per la celebrazione: i più usuali sono quelli di estendere, innalzare, congiungere, imporre le mani; il segno di croce; l’aspersione dell’acqua benedetta e l’incensazione (cf. Premesse, nn. 25-27).

L’abbondante complesso delle benedizioni si divide in cinque parti, appendice e altre quattro sezioni:

1. Benedizioni delle persone.

                       * La comunità.

                       * La comunità famigliare.

2. Benedizioni per le dimore e le attività varie dell’uomo.

                       * Le case e gli ambienti di vita e di lavoro.

                       * Gli impianti e gli strumenti tecnici.

                       * La terra e i suoi frutti.

3. Benedizioni di luoghi, arredi e suppellettili.

4. Benedizioni riguardanti la devozione popolare.

5. Benedizioni per diverse circostanze.

- Appendice.

                       * Altre benedizioni per occasioni particolari.

                       * Dal Cerimoniale dei vescovi.

* Altre celebrazioni.

- Lezionario.

- Preghiere e canti.

- Testi latini.

- Benedizioni delle persone in forma breve.


2. Esorcismo (CCC 1673)

La rivelazione e l’esperienza mostrano che l’uomo in tutti i tempi sa di essere insidiato dalla potenza del male e minacciato nella sua salvezza temporale ed eterna. Gesù stesso c’insegna a pregare: «Libe­raci dal male». Nel passato la comprensione della fede partiva dall’idea incontrastata che questo male è un essere spirituale-personale, che dalla Bibbia è chiamato Satana (= avversario) o Diavolo (prestito dal greco diábolos = calunniatore).

Uno sguardo veloce alle pagine della Bibbia: nella storia della salvezza sono presenti creature angeliche, alcune delle quali servono il progetto divino e offrono un misterioso e potente aiuto alla Chiesa; altre, invece, decadute dalla loro originaria dignità e chiamate diaboliche, si oppongono alla volontà e all’azione salvifica di Dio, realizzata in Cristo, e cercano di associar l’uomo alla loro ribellione a Dio (cf. CCC 332; 391; 414; 2851).

Nella Bibbia il diavolo e i demoni sono indicati con nomi diversi, dei quali alcuni indicano in certo modo la loro natura e il loro operato (cf. CCC 391-395; 397). Il diavolo, detto anche satana, è chiamato serpente antico e drago. E’ lui che seduce il mondo intero e combatte contro coloro che osservano i comandamenti di Dio e possiedono la testimonianza di Gesù (cf. Ap 12, 9.17). E’ detto nemico degli uomini (cf. 1Pt 5, 8) e omicida fin dal principio (cf. Gv 8, 44) per aver reso l’uomo, con il peccato, soggetto alla morte. Per il fatto che con le sue insidie induce l’uomo a disobbedire a Dio, è detto maligno e tentatore (cf. Mt 4, 3 e 26, 36-44), menzognero e padre della menzogna (cf. Gv 8, 44), colui che agisce con astuzia e falsità, come attestano la seduzione dei progenitori (cf. Gen 3, 4.13), il tentativo di distogliere Gesù dalla missione ricevuta dal Padre (cf. Mt 4, 1-11; Mc 1, 13; Lc 4, 1-13) e il suo mascherarsi da angelo di luce (cf. 2Cor 11, 14). E’ detto anche principe di questo mondo (cf. Gv 12, 31; 14, 30), cioè signore di quel mondo che è in potere del maligno (cf. 1Gv 5, 19) e non ha conosciuto la vera luce (cf. Gv 1, 9-10). Il suo potere è indicato come potere delle tenebre (cf. Lc 22, 53; Col 1, 13) per l’odio che egli porta alla Luce, che è Cristo, e per lo sforzo di attirare gli uomini alle proprie tenebre. Ma il diavolo e i demoni, coalizzatisi insieme per opporsi alla sovranità di Dio (cf. Gd 6), hanno ricevuto una condanna (cf. 2Pt 2, 4) e costituiscono l’esercito degli spiriti del male (cf. Ef 6, 12). Benché creati come esseri spirituali, essi hanno peccato e sono anche definiti angeli di satana (cf. Mt 25, 41; 2Cor 12, 7; Ap 12, 7.9).

L’intero operato di questi spiriti immondi, malvagi, seduttori (cf. Mt 10,1; Mc 5, 8; Lc 6, 18; 11, 26; At 8, 7; 1Tm 4, 1; Ap 18, 2) è stato distrutto dalla vittoria del Figlio di Dio (cf. 1Gv 3, 8).

Anche se “tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre che durerà fino all’ultimo giorno” (GS 37), Cristo, grazie al suo Mistero pasquale di morte e risurrezione, “ci ha strappati dalla schiavitù di Satana e del peccato” (GS 22) annientando il loro dominio e liberando tutte le cose dal contagio del male. E siccome l’azione devastante e ostile del diavolo e dei demoni coinvolge persone, cose, luoghi, manifestandosi in modi diversi, la Chiesa, sempre cosciente che “i giorni sono cattivi” (Ef 5, 16), ha pregato e prega perché gli uomini siano liberati dalle insidie del maligno.  

Il discepolo di Gesù, alla luce delle Sacre Scritture e dell’insegnamento della Chiesa, crede che il maligno e i demoni esistono ed agiscono nella storia personale e comunitaria degli uomini.

Il Vangelo, poi, descrive l’opera di Gesù come una lotta contro Satana (cf. Mc 1, 23-28.32-34.39; 3, 22-30, ecc.). Di conseguenza anche la vita dei suoi discepoli comporta una battaglia che “non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male” (Ef 6, 12).

Gesù ha vinto il Satana e ha spezzato in modo definitivo il dominio dello spirito maligno (cf. Col 2, 15; Ef 1, 21; Ap 12, 7-12); egli è “il più forte” che ha vinto “il forte” (cf. Lc 11, 22). In Lui vincitore anche noi abbiamo vinto. Per chi è radicato in Cristo la paura del demonio non ha ragione di essere.

E’ necessario però un atteggiamento di continua vigilanza, secondo il monito di San Pietro: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1Pt 5, 8-9).
L’opinione molto diffusa nella prima era cristiana, per cui tutti i pagani erano sotto il dominio di satana portò ad accogliere numerosi esorcismi (dal greco exorkízein = scacciare le potenze cattive) nella celebrazione del catecumenato e, in forma abbreviata, anche nel rito del Battesimo dei bambini[11]. Inoltre ci furono molti esorcismi riguar­danti le cose[12]. Si distinguevano esorcismi imprecatori, nei quali si trattava di comandare alle potenze del male con l’invocazione di Dio, e gli esorcismi deprecatori, preghiere per la liberazione dal male.
C’era una grande esigenza della riforma. Dopo il Vaticano II, il 22 novembre 1998 è stato promulgato, con il decreto della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, il nuovo rituale “De exorcisimis et supplicationibus quibusdam”[13].
Questo Rituale, a sua volta è stato adattato dalla CEI e pubblicato nel 2001 con il titolo “Rito degli esorcismi e le preghiere per circostanze particolari”[14]. In esso si parla:

- dell’esorcismo solenne, detto anche “esorcismo grande” o “maggiore” che è una celebrazione liturgica (cf. CCC 1673). L’esorcismo, che “mira a scacciare i demoni o a liberare dall’influenza demoniaca, e ciò mediante l’autorità spirituale che Gesù ha affidato alla sua Chiesa” (CCC 1673);

- e dell’’esorcismo semplice viene praticato durante la celebrazione del Battesimo.

Molto diverso è il caso di malattie, soprattutto psichiche, la cui cura rientra nel campo della scienza medica. E’ importante, quindi, accertarsi, prima di celebrare l’esorcismo, che si tratti di una presenza del Maligno e non di una malattia (cf. CIC 1172).

Lo schema del Rituale è seguente:

- Presentazione della CEI (in cui viene spiegato il contesto culturale e religioso italiano; si parla della vigilanza cristiana e delle attenzioni pastorali; infine viene spiegato il Rito dell’esorcismo).

- Proemio.

- Premesse generali

- Capitolo I: Rito dell’esorcismo maggiore.

- Capitolo II: Testi a scelta (Salmi, Vangeli, formule di esorcismo).

- Appendici

- Preghiere ed esorcismi per circostanze particolari.

- Preghiere ad uso privato dei fedeli.

Nella lotta contro Satana, la Chiesa accompagna i fedeli con la preghiera e l’invocazione della presenza efficace di Cristo. E’ questo del resto la tradizione pastorale ordinaria della Chiesa che prevede Riti d’esorcismo nella celebrazione del Battesimo. Solo nei casi previsti, lo fa in modo specifico con il sacramentale dell’esorcismo, mediante il quale chiede al Signore la vittoria su Satana.

Ministro dell’Rito dell’esorcismo è esclusivamente un sacerdote che per la sua pietà, scienza, prudenza e integrità di vita sia ritenuto dall’Ordinario idoneo a tale ministero e da lui espressamente autorizzato ad esercitarlo (cf. CIC 1172).

 

[1] Questa distinzione è usata anche nell’ambito dei sette sacramenti, in quanto Battesimo ed Eucaristia sono classificati come sacramenta maiora e gli altri come sacramenta minora. Cf. Y. Congar, L’idea di sacramenti maggiori o principali, in Cancilium 1(1968), 35-47.
[2] G. Langgärtner, Die Sakramentalien, Wüirzburg 1974, 10.
[3] R. Kaczynski, Die Benediktionen, in Handbuch der Liturgiewissenschaft, v. VIII, 239.
[4] R. Kaczynski, Die Benediktionen…, op. cit., 240.
[5] Per la storia delle benedizioni: A. Franz, Die kirchlichen Benediktionen im Mittelalter, v. II, Graz 1960; E. Bartsch, Die Sachbeschwörungen da römischen Liturgie…(LQF 46), Münster 1967; P. Jounel, Les bénédictions, in MARTIMORT, v. II, 282-305 (trad. it., La Chiesa in preghiera, Queriniana, Brescia).
[6] Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano
[7] Benedizione delle persone (I), di edifici e di attività varie (II), di oggetti e arredi riferiti al culto (III), di cose varie e di oggetti di devozione (IV), generiche (V).
[8] Sono quelli indicati nelle due lettere della Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino, del 27 febbraio 1976 e del 21 febbraio 1977.
[9] Sull’iter del Benedizionale tedesco, cf. H. Hollerweger, Das neue deutsche Benediktionale, in Liturgisches Jahrbuch 30(1980), 69-89.
[10] Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1992.
[11] Cf. A. Stenzel, Die Taufe, Innsbruck 1958 (trad. it., Il Battesimo, Paoline, Alba).
[12] E. Bartsch, Die Sachbeschwörungen…, op. cit.
[13] Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano. 
[14] Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano. 
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