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Un moto dello Spirito è stato l’indizione di un Giubileo straordinario da parte di Papa Francesco, il quale con i suoi gesti e con le sue parole sta ridisegnando un nuovo volto di Dio, che è da sempre il “volto della misericordia del Padre” (Misericordiae Vultus). Uno degli elementi ispiratori è la Dives in misericordiadi San Giovanni Paolo II. Sì, il Dio di Gesù Cristo non è quello consegnatoci dai “maestri del sospetto”. Egli è un Dio diverso; un Dio capovolto, perché il suo nome è misericordia. Egli non giudica con severità; né si offende per i nostri peccati, perché Egli è soltanto capace di amare. Di amare sempre, senza limiti e senza misure. Perché, il suo è un amore folle, smodato! Meraviglioso questo nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo, nella fedeltà al suo stesso nome: il Misericordioso. Non abbandona nessuno alla deriva, ma è sollecito a rispondere a ciascuno con tenerezza materna per un nuovo inizio carico di speranza. Un Anno Santo per cambiare noi stessi attraverso le iniziative previste dal Santo Padre e daogni pastore della Chiesadiocesana. La Sintesi orante del Giubileo è racchiusa in un antico testo liturgico: “O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia eil perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna”. Questo atteggiamento di Dio verso l’uomo deve essere anche il filo rosso di ogni relazione umana, interpersonale e sociale. Misericordia vorrà dire capacità di capire l’altro, ascoltarlo, aiutarlo, facendosi carico dei suoi bisogni attraverso quelle opere che alla fine dei giorni saranno le uniche che ci permetteranno di vivere in Dio.
Domanda: I nomi dei defunti si possono ricordare solo durante la celebrazione della Messa oppure anche durante la liturgia della Parola? Ho letto da qualche parte che invitare a pregare per i defunti o per altre intenzioni particolari nella liturgia della Parola è corretto, ma non lo è accettare l’offerta. Il mio parroco non è d’accordo in quanto, dice che l’offerta è data liberamente per la parrocchia e perciò non è da rifiutare. Le norme liturgiche cosa prevedono?
Intenzione/offerta (o tariffa!) è un rapporto strettamente legato alla Messa. Nato come segno di partecipazione alla vita della comunità (cf. At 2 e 4), si è sviluppato e strutturato nel corso dei secoli non senza aspetti negativi collegati al denaro e alla deriva “commerciale” che già il concilio di Trento condannò o cercò almeno di limitare (cf. A. Jungmann, Missarum Sollemnia, vol. II, 7-24). La stessa antipatica “tariffa” è stata una “soluzione” per cercare di evitare, se non altro, almeno gli abusi di venalità.
Il segno di croce: quando e come è entrato nella pietà cristiana e nella prassi liturgica?
Va anzitutto osservato che il segno di croce è una delle pratiche cristiane più universalmente testimoniate. Non solamente venivano segnati con la croce gli oggetti o i monumenti, ma anche le persone facevano tale segno su di sé o sugli altri, abitualmente tracciandolo sulla fronte o su altre parti del corpo.
Tra le numerose testimonianze basterà citare Tertulliano (III sec.): “Tutte le volte che iniziamo o terminiamo qualcosa, tutte le volte che entriamo o usciamo di casa, quando ci vestiamo, ci mettiamo i calzari, andiamo al bagno, ci mettiamo a tavola, accendiamo le lucerne, andiamo a letto, ci sediamo, qualsiasi sia l’occupazione alla quale ci accingiamo, facciamo sovente sulla nostra fronte un piccolo segno di croce” (De corona, III, 4). E ancora più difficile precisare a quale momento risalga l’uso attuale del grande segno di croce che noi tracciamo dalla fronte al petto e alle spalle. Secondo il noto storico della liturgia M. Righetti, sarebbe stato introdotto nei monasteri nel sec. X, ma forse era assai più antico.
Secondo l’ultimo Rapporto dell’Eurispes la delinquenza minorile sta crescendo inesorabilmente e in neanche dieci anni, nella fascia tra i 14 e i 17 anni, le richieste di intervento dei servizi sociali e gli ingressi nelle comunità di recupero sono quasi raddoppiati. Cosa sta succedendo nel mondo dei minori? Ci troviamo dunque veramente di fronte ad una frattura generazionale incolmabile?
No, ma ci troviamo di fronte a quella sfida educativa che la Chiesa italiana, nel solco dell’insegnamento del Concilio Vaticano II, sta tenacemente sostenendo fino al punto di dedicare gli Orientamenti pastorali del decennio 2010-2020 all’arte delicata e sublime dell’educazione.
Nella difficoltà di educare in un mondo che cambia è evidente il primato educativo della famiglia, ed in particolare della famiglia cristiana che riconosce in Gesù il Maestro (il Pedagogo come lo chiama san Clemente Alessandrino) e nella Famiglia di Nazareth l’esemplare punto di riferimento dove Gesù è cresciuto in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2, 52).
SANTA MESSA NELLA PARROCCHIA ROMANA DI OGNISSANTI A VIA APPIA NUOVA OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO III Domenica di Quaresima Sabato, 7 marzo 2015
In occasione della festa della Pasqua ebraica, Gesù si reca a Gerusalemme. Giunto al tempio, non trova gente che cerca Dio, ma gente che fa i propri affari: i mercanti di bestiame per l’offerta dei sacrifici; i cambiamonete, i quali scambiano denaro “impuro” recante l’immagine dell’imperatore con monete approvate dall’autorità religiosa per pagare la tassa annuale del tempio. Che cosa troviamo noi quando ci rechiamo, quando noi andiamo ai nostri templi? Lascio la domanda. L’indegno commercio, fonte di lauti guadagni, provoca l’energica reazione di Gesù. Egli rovescia i banchi e butta a terra il denaro, allontana i mercanti dicendo loro: «Non fate della casa del Padre mio un mercato!» (Gv 2,16).