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ABC della Liturgia

ABC della Liturgia/15

L’Assemblea

La liturgia come "azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato" (OGMR 16) non è mai un fatto privato, ma rappresenta e manifesta l’unità dei fedeli che costituiscono un solo corpo in Cristo (cf. LG 3). In questo senso ogni azione liturgica appartiene all’intero Corpo della Chiesa, lo manifesta e lo implica (cf. SC 26). E la Chiesa celebra nel segno dell’Assemblea, cioè ha sempre un riferimento a dei soggetti, a delle azioni, a delle situazioni concrete. L’Assemblea liturgica diventa così il soggetto della celebrazione ed ha il diritto e il dovere di esprimere questa centralità (cf. OGMR 91).

Ciò vuol dire che la celebrazione liturgica è azione di tutti: ha come poli principali colui che presiede e l’assemblea e come soggetti interagenti tutti i cristiani chiamati ad esercitare il loro sacerdozio battesimale, assumendo compiti specifici per servire all’altare, proclamare la parola di Dio, eseguire musiche e canti, accogliere i partecipanti, animare la celebrazione…ecc. Possiamo dire che si tratta non più di una liturgia clericale, ma comunionale (Chiesa-comunità), in cui il soggetto celebrante è la Chiesa intera, popolo sacerdotale, nel segno concreto dell’assemblea riunita sotto la presidenza del ministro ordinato.

Oggi, nonostante la riforma dei riti, dei luoghi, dei libri liturgici…, tanti fedeli coscienti e desiderosi di partecipare attivamente restano passivi perché lasciati, forse, nell’incertezza del loro isolamento, non sempre incoraggiati a coinvolgersi personalmente in un’azione corale, magari anche mortificati in un ruolo di puri destinatari anziché di protagonisti della celebrazione.

Invece, l’assemblea liturgica non deve essere un insieme piatto e confuso, una folla estranea di persone che assistono a un rito, ciascuna per conto proprio, ma essere guidata a divenire una vera comunità orante, icona della realtà che celebra.

Bisogna ricordare con forza che nell’assemblea liturgica nessuno siede come spettatore, ma tutti hanno qualcosa da fare: diviene allora molto importante sapere che cosa è realmente "di competenza" di ognuno secondo le parole della SC n° 28: "Ciascuno, ministro e semplice fedele… si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza".

Nella celebrazione liturgica ci sono alcune parti che non ammettono di essere demandate a dei ministri, lasciando che i fedeli restino semplicemente a guardare e sentire. L’assemblea intera deve manifestare la propria unità anche con la voce, rispondendo al sacerdote nei dialoghi che intercorrono durante il rito, proclamando le letture bibliche, proponendo le

intenzioni della Preghiera dei fedeli e partecipando al canto.

(Pubblicato su Lazio Sette: 25 febbraio 2007, p. 11)

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